Nell’ultima puntata del podcast Supernova, Alessandro Cattelan ha ospitato Fulminacci, uno dei cantautori più brillanti e ironici della scena italiana attuale. Durante la conversazione, l’artista romano si è messo a nudo, navigando tra riflessioni semiserie sul declino del rock and roll, la gestione dell’ansia da palcoscenico e il suo peculiare processo creativo basato sulla quotidianità. Fulminacci ha rivelato di essere un “professionista della procrastinazione”, capace di trasformare le distrazioni manuali in una vera e propria strategia per scrivere canzoni, pur mantenendo una dedizione ferocemente professionale verso il proprio lavoro durante i tour.

L’arte di procrastinare e la “band di sfigati”
Il cuore della filosofia di Fulminacci risiede in un paradosso creativo: impegnarsi in compiti inutili per evitare quelli necessari. “Sono campione di una procrastinazione specifica che è quella dell’impegnarsi tantissimo nel fare una cosa inutile così da rimandare quella utile”, ha ammesso l’artista, spiegando come scartavetrare un tavolo o lavorare la terra possa servire a placare il senso di colpa mentre si rimanda la scrittura di un disco. Questa gestione delle energie si riflette anche sul palco, dove l’ansia viene domata attraverso coreografie studiate con la sua band, che lui definisce affettuosamente una “band di sfigati”.
Per Fulminacci, ballare non è una prova di virtuosismo, ma un codice comportamentale che rilassa e crea un’atmosfera fraterna sul palco. “Non so ballare e nessuno della band sa ballare… sono passetti da signore in vacanza”, ha scherzato il cantautore, sottolineando come l’effetto coreografico nasca dalla semplicità di fare tutti la stessa cosa contemporaneamente. Questo approccio alla performance è anche una difesa contro lo stress di essere costantemente ripresi dagli smartphone, una realtà che per la sua generazione è ormai l’unica possibile.
Dalle liste di brand alla verità del lettino
Un altro aspetto affascinante emerso dall’intervista è l’ossessione di Fulminacci per la “vulgarizzazione dei brand”, ovvero l’uso di nomi di marchi come categorie universali (da Autogrill a Rimmel). L’artista ha spiegato di annotare costantemente frasi e concetti sentiti per strada o dagli amici, cercando di rendere i suoi pensieri intelligibili attraverso una semplicità che è, in realtà, frutto di fatica. “Fulminacci” stesso nasce come un’operazione di semplificazione del suo cognome reale, Utinacci, trasformandolo in una parola italiana comprensibile e resistente al tempo, sulla scia di nomi come Giovanotti o Zucchero.
La ricerca di autenticità passa anche attraverso la psicanalisi, dove l’artista confessa di cadere spesso nella trappola di voler apparire “interessante” agli occhi del terapeuta. “Mi capita una cosa gravissima: voler essere interessante… sembrare una persona complessa”, ha confessato, descrivendo l’esperienza sul lettino come un momento di ipnosi che lo aiuta a rimettere insieme i puntini della propria vita. Tra la paura dei palloncini che esplodono e il piacere di mangiare in piedi o camminare per la città, Fulminacci conferma che la sua felicità risiede nelle piccole cose che occupano la maggior parte del tempo vissuto, lontano dalle luci accecanti dei palazzetti.
Per comprendere meglio il suo mondo, si può immaginare il suo processo creativo come il restauro di un vecchio mobile: si inizia per distrazione, ma attraverso una cura meticolosa per i dettagli più umili, si finisce per creare un’opera che splende di una luce nuova e accessibile a tutti.






