Ethan Hawke, attore, scrittore e regista con una carriera incredibile, ha offerto uno sguardo intimo sul suo percorso professionale e sulla sua filosofia di vita durante la sua apparizione al podcast Joe Rogan Experience. La conversazione ha toccato temi profondi, dalla sua infanzia ai pericoli della fama giovanile, fino al vero significato dell’arte della recitazione. Hawke, che iniziò a recitare a 12 anni su suggerimento della madre, descrive l’ambiente delle prove come un luogo vivace e stimolante, in netto contrasto con l’infelicità lavorativa dei suoi genitori: “Sono andato a questa prova e tutti si stavano divertendo, parlavano se Dio esistesse o meno, parlavano di ciò in cui credevano”. Questo primo assaggio del teatro, con la rappresentazione di Saint Joan di George Bernard Shaw in New Jersey, ha cementato la sua decisione di dedicarsi alla recitazione.

I pericoli della fama precoce secondo Ethan Hawke
La prima grande occasione di Ethan Hawke arrivò a 14 anni con Explorers di Joe Dante. Nonostante il clamore iniziale, il film si rivelò un “grosso fallimento”, un’esperienza che l’attore non cambierebbe per nulla al mondo. Dopo il fallimento, Hawke tornò al liceo, “e misi via il mio sogno di essere un attore”. Questa pausa e il successivo successo, molto più lento e graduale, de L’attimo fuggente (Dead Poets Society) lo hanno protetto dagli effetti più deleteri della celebrità improvvisa. Hawke spiega quanto sia pericoloso il successo giovanile: “Se il primo film fosse stato un successo e fossi diventato una star bambino, non posso dirti quanto sono grato per quella prima esperienza, se non altro perché nel successo de L’attimo fuggente non l’ho presa affatto sul serio”. Secondo l’attore, la fama è una sostanza tossica che richiede un dosaggio lento per costruire resistenza: “La celebrità è come una piccola goccia di mercurio, è veleno. È veleno per il tuo cervello”. Egli non augurerebbe a nessuno di assorbire l’improvvisa esplosione di notorietà, come accadde a Julia Roberts con Pretty Woman.
L’arte di scomparire e la mentaltà del principiante
Ethan Hawke riflette ampiamente sull’essenza della recitazione, definendola un atto di “ipnosi” e un’esperienza collettiva. Per lui, il vero obiettivo non è l’autocelebrazione, ma la sparizione nel personaggio. L’attore ha imparato l’importanza della presenza e dell’autenticità durante le riprese di Zanna Bianca (White Fang), recitando al fianco di un lupo: “Se fossi la telecamera, il lupo si girerebbe e guarderebbe la telecamera… Se sto effettivamente parlando con l’animale, l’animale interagisce con me”. Questa autenticità richiede di abbracciare la vulnerabilità e la costante umiltà. Ricordando l’inizio della sua carriera a Broadway, Hawke cita il consiglio di un regista: “Ho bisogno che tu dica ‘Non lo so’ e se puoi dire ‘Non lo so’ posso insegnarti”. Raggiungere la “mente del principiante” (beginner’s mind) è fondamentale, e l’attore lo persegue intraprendendo nuovi progetti come documentari o romanzi grafici, che lo aiutano a portare prospettive fresche nella sua specialità. Questa mentalità è la chiave per creare momenti di “grazia” sul set, come l’improvvisazione magistrale di Denzel Washington in Training Day, frutto di mesi di preparazione che culminarono in un monologo esplosivo e non previsto.
La filosofia di Hawke è che l’ansia e la paura non devono essere negate, ma incanalate, come ha detto il mentore di Mike Tyson, Cus D’Amato: “La paura è come un fuoco, può cucinare il tuo cibo o può bruciarti la casa”. È questo costante equilibrio, abbracciando sia il professionista attento che il bambino curioso, che permette all’attore di continuare a evolvere.






