Passare il timone di uno dei colossi più influenti dell’intrattenimento mondiale non è mai un compito semplice, ma per Disney lo è ancor meno. La designazione del successore di Bob Iger – figura cardine della company da quasi vent’anni – è ormai alle ultime battute, dopo anni di tentativi falliti, inversioni di rotta, ritorni inaspettati e scelte poi rivelatesi poco felici. Secondo quanto emerso dal Wall Street Journal e confermato dalle indiscrezioni provenienti dagli Stati Uniti, la selezione interna si sarebbe finalmente ristretta a due nomi: Josh D’Amaro e Dana Walden. Entrambi hanno esposto alla board la loro visione sul futuro del gruppo, entrambi sono considerati candidati solidi e ciascuno rappresenta un’anima diversa della multinazionale. L’annuncio ufficiale è atteso per l’inizio del 2026 e, nelle intenzioni del consiglio di amministrazione, dovrebbe segnare la fine definitiva di una saga durata quasi due decenni.
Un’eredità complessa: perché la successione è così difficile
Bob Iger guida Disney, con una breve interruzione, dal 2005. Era subentrato a Michael Eisner dopo un periodo turbolento che aveva diviso i vertici e gli azionisti. Quella nomina, arrivata in un momento di instabilità, fu l’inizio di una nuova fase per la compagnia, caratterizzata dall’acquisizione di marchi come Pixar, Marvel e Lucasfilm e da un’espansione vertiginosa nel settore dello streaming.
Ma proprio l’eccezionalità della sua leadership ha creato un paradosso: ogni tentativo di sostituirlo è fallito. Iger ha esteso il proprio mandato più volte e ha visto svanire diverse opzioni di successione. L’episodio più clamoroso è stato quello di Bob Chapek, nominato CEO nel 2020 e poi rimosso nel 2022 dopo meno di tre anni, in un’operazione-lampo decisa dal board in una riunione notturna. La situazione aveva generato confusione nel mercato e costretto Iger a tornare alla guida, ribaltando una pianificazione che avrebbe dovuto segnare la transizione definitiva.
Oggi la società, guidata nella board dall’ex CEO di Morgan Stanley James Gorman, vuole impedire un altro scivolone pubblico. Per questo, nel corso del 2025, è stato messo in piedi un processo interno molto più rigoroso rispetto al passato.
Il nuovo metodo della board della Disney
La ricerca si è concentrata su un gruppo ristretto di candidati di alto livello, tra i quali – dopo una serie di incontri, analisi e presentazioni riservate – sono rimasti solo due finalisti. Entrambi hanno incontrato l’intero consiglio di amministrazione durante un meeting a Walt Disney World, in Florida, esponendo strategie dettagliate sui piani di rilancio, le opportunità globali e le priorità operative.
L’obiettivo della società è non solo determinare chi avrà la visione più convincente per il futuro, ma anche ridurre al minimo le possibili fratture interne una volta annunciato il nome del vincitore. Per farlo, Disney ha già blindato i contratti del top management, dai responsabili legali a quelli delle risorse umane fino al direttore finanziario, prorogando molti accordi fino al 2029. In parallelo, sono in corso revisioni di ruoli, deleghe e compensi per evitare scossoni e fughe dopo la nomina.
Josh D’Amaro: il profilo del manager che conosce i parchi come nessun altro
D’Amaro, in Disney da 27 anni, gestisce la divisione più grande e redditizia del gruppo: parchi, crociere, prodotti consumer, esperienze globali e – da poco – una crescente sezione gaming. È grazie alla sua direzione che la parte “fisica” del business è diventata la spina dorsale della compagnia, soprattutto mentre la televisione tradizionale continua a perdere pubblico e lo streaming fatica a generare profitti stabili.
Sotto la sua guida, la società ha avviato round successivi di aumenti dei biglietti e dei pacchetti accessori senza compromettere la soddisfazione dei visitatori, rimasta su livelli alti. D’Amaro è stato inoltre l’architetto del maxi-investimento da 1,5 miliardi di dollari in Epic Games, creatore di Fortnite, puntando su un’integrazione più profonda fra il mondo Disney e l’intrattenimento interattivo. Per molti analisti, è il dirigente che meglio interpreta la direzione in cui il mercato dell’intrattenimento si sta muovendo.
Dana Walden: il peso della creatività e della macchina dei contenuti
Se D’Amaro rappresenta il lato “experience”, Walden incarna quello creativo. Arrivata in Disney con l’acquisizione di 21st Century Fox nel 2019, è riconosciuta come una delle leader più esperte nelle produzioni televisive e cinematografiche. Condivide la supervisione di studi, piattaforme streaming e gestione pubblicitaria e, secondo i suoi sostenitori, ha una capacità unica di far dialogare creatività, distribuzione e strategia industriale.
Il suo ruolo nella creazione di contenuti che alimentano cinema, TV e Disney+ è molto apprezzato dai vertici e dagli osservatori. Walden è inoltre nota per il suo senso diplomatico nella gestione dei rapporti con attori, autori, registi e partner strategici, un aspetto cruciale per un’azienda che punta a rilanciare franchise come Marvel e a mantenere la centralità culturale del proprio marchio.
I nomi esclusi: perché gli altri candidati sono stati scartati
Nelle fasi precedenti della selezione erano in lizza anche figure di forte peso interno, ma nessuna di queste appare più una scelta concreta. Alan Bergman, a capo della divisione cinematografica, lavora a stretto contatto con Walden e non avrebbe un profilo sufficientemente distinto per imporsi. Jimmy Pitaro, leader di ESPN, ha dichiarato di non ambire al ruolo di CEO e non possiede esperienza organica in aree chiave come parchi o entertainment scripted.
La narrowing finale, dunque, era ampiamente prevista: i due finalisti rappresentano i poli centrali dell’azienda.
Una transizione graduale: il nuovo CEO della Disney affiancherà Iger
Qualunque sarà la scelta definitiva, la board ha già delineato il percorso successivo. Il nuovo amministratore delegato lavorerà fianco a fianco con Iger per un periodo di affiancamento, così da evitare strappi e garantire continuità operativa. Il contratto attuale di Iger scade a dicembre 2026: quella data – salvo ulteriori ribaltoni – segnerà il suo addio definitivo.
L’obiettivo è assicurare una consegna morbida, evitando gli errori che avevano portato al crollo del titolo durante la parentesi Chapek e che avevano alimentato la percezione di un’azienda incapace di pianificare la propria successione.
Le sfide che attendono il prossimo leader della Disney
Chi subentrerà troverà sulla scrivania dossier complessi. Disney ha in programma un investimento colossale da 60 miliardi di dollari per l’espansione dei parchi a livello mondiale nei prossimi dieci anni, in un contesto dove il turismo globale cresce ma la concorrenza si intensifica. Lo streaming continua a essere un terreno competitivo dominato da costi elevati e margini ancora instabili. Il settore cinematografico vive una fase di incertezza, tra la necessità di rilanciare Marvel e altre saghe di punta e il cambiamento nelle abitudini del pubblico post-pandemia. La televisione lineare, per anni pilastro dell’azienda, è in declino strutturale.
Il nuovo CEO dovrà dunque tenere insieme anime molto diverse, preservare la potenza del brand e guidare una multinazionale in piena trasformazione.
Un annuncio attesissimo: il 2026 sarà l’anno decisivo
Dopo anni di turbolenze che hanno influenzato anche l’andamento del titolo in Borsa, Disney vuole presentarsi con una decisione chiara, priva di retroscena e soprattutto definitiva. Per Wall Street, per Hollywood e per l’intera industria dell’intrattenimento globale, la nomina attesa a inizio 2026 rappresenterà molto più di un semplice cambio ai vertici: sarà il segnale che il gruppo è pronto a voltare pagina e affrontare una nuova fase della sua storia con una leadership stabile.
La domanda che resta, dunque, è solo una: sarà D’Amaro con il suo approccio operativo e orientato all’esperienza, oppure Walden, simbolo della macchina creativa che alimenta i contenuti Disney? Presto sarà il board a sciogliere il nodo – e la scelta definirà il futuro del regno della fantasia per i prossimi decenni.


