Roma, 11 novembre 2025 – Dopo i palchi di Sanremo e le poltrone di X Factor, Dargen D’Amico approda al mondo dei podcast. Il progetto si chiama Tolomeo — Le impronte che lasciamo, sei episodi ideati e condotti dal rapper milanese, finanziati con i fondi del progetto Next Generation EU e in uscita ogni martedì a partire dall’11 novembre.
Dargen D’Amico e il progetto Tolomeo
Al centro, storie e voci di chi agisce nel sociale: “esempi virtuosi che affrontano i problemi di oggi“. Nel primo episodio, Dargen D’Amico — all’anagrafe Jacopo Matteo Luca D’Amico, 44 anni — dialoga con Najla Aqdeir, atleta che ha fatto dello sport uno strumento d’integrazione. Nei successivi, spazio a temi come il clima, le periferie e la cittadinanza. “Da questo podcast ho imparato“, dice, “l’importanza dei piccoli gesti“.
Dopo il successo di Dove si balla (Sanremo 2022) e Onda alta (Sanremo 2024), e le esperienze da giudice a X Factor, per Dargen è una sorta di svolta: “Volevo approfondire i dubbi della nostra società, chiedendo a chi si batte ‘sul campo’ per un mondo migliore. Attivisti, esperti. L’Italia e l’Occidente sono in crisi: verità che ci siamo raccontati per anni, come l’essere ‘i buoni’, sono sparite davanti alle stragi a Gaza, per dire. In tanti cercano risposte, io per primo. Qui ho preso appunti“.

La visione sulla politica e le nuove generazioni
Alla politica, invece, Dargen guarda con disincanto: “È impegnata in una lotta reciproca, a denunciare ciò che farebbe se solo si trovasse nella posizione dell’altro. E al governo vedo clientelismo e nepotismo. Magari è una mia distorsione: ho sviluppato una coscienza politica dalle stragi di mafia del 1992, su cui non ho avuto risposta dai politici. La fiducia si è azzerata“.
Diversamente da Marracash, con cui condivise gli esordi nell’underground milanese, D’Amico rivendica la sua scelta di partecipare al voto: “Io voto. Ma vorrei farlo perché ‘ci credo’. Oggi la politica — salvo eccezioni locali — non si pone domande. Ignora il clima, la cittadinanza. E ci sta convincendo del riarmo, per esempio con operazioni-simpatia verso le armi nelle scuole, per me inconcepibili. Con Tolomeo, ecco, do voce a chi si occupa di urgenze che i media e istituzioni ignorano“.
E sulle nuove generazioni ammette: “Le vedo confuse. O forse io non riesco a stare al passo. Ho vissuto l’età pre-social, quando tutto richiedeva attesa. Non mi trovo con i tempi rapidi di oggi“.
Il suo rapporto con la musica
Anche la musica italiana, secondo lui, vive un momento di stagnazione: “Encefalogramma piatto. Si è portata avanti: scriviamo canzoni come se già ci fosse l’intelligenza artificiale, così quando l’AI arriverà davvero troverà la strada spianata“.
Ma non pensa di smettere: “Non ho mai pensato a un rapporto eterno con la musica, chissà. Se non avrò idee, smetterò. Non è ancora il momento“.
Un momento di crisi, però, c’era già stato: “Sì, il Covid mi aveva fatto riflettere su varie scelte di vita, tra cui la musica. Suonavo per una nicchia e, senza i locali, non potevo farlo. E non mi rivedevo più nelle canzoni: canto i dubbi da sempre, ma sul palco devo incarnare una certezza; in quel momento non mi sentivo più tale, e odio recitare“.
Dargen D’Amico e le parole su Gaza a Sanremo
Dopo Sanremo 2024, le sue parole su Gaza avevano fatto discutere. “Non sono ‘rogne’. L’unica ‘rogna’ è stata finire nelle pagine social dei politici, che riprendevano le mie parole per screditarmi. Parlarne era un gesto ‘egoistico’: c’erano bambini che morivano, dirlo davanti a tutti, come ha fatto anche Ghali, mi sembrava il minimo già solo per non sprecare quella visibilità“.
E se qualcosa l’ha persa, non se ne cruccia: “Ma no. E se anche fosse, era roba di poco conto. Cosa vuole che sia un follower in meno rispetto a un bambino che muore? Poi, si figuri, mi sta intervistando: non sono stato affatto ‘cancellato’“.
A Sanremo tornerebbe “Certo. Per me è questione culturale, una manifestazione con cui sono cresciuto, che ho nel sangue. È come se mi chiede: tornerebbe a pranzo dai suoi cugini? Certo che sì”. E a chi gli fa notare che forse i “cugini” potrebbero essersi offesi, replica ironico: “Non ho mica ucciso qualcuno“.
Sul silenzio di molti colleghi preferisce non giudicare: “Magari, per loro, non era il momento. Ma qualcosa, soprattutto negli ultimi mesi, è cambiato anche lì, tra concerti per la solidarietà e altro“.
Il rapporto con X Factor
Dell’esperienza a X Factor ricorda la fatica: “Ero convinto che sarebbe stato un gioco, ma sono stato massacrato dalle responsabilità: ho imparato quant’è difficile decidere per gli altri, è stato come essere l’allenatore di una squadra di calcio. Stressante“.
Con Fedez, di cui fu autore e compagno d’avventura nel talent, mantiene i contatti: “Ci seguiamo ancora. Siamo simili, entrambe cantiamo i dubbi. Ma facciamo vite opposte: io sono un artigiano, lui maneggia livelli di successo che non mi competono. È giusto così: impazzirei dopo un minuto nei suoi panni, con tutti gli occhi addosso; e lui, nei miei, si annoierebbe“.
Nel ruolo di intervistatore, per Tolomeo, ha scelto la via dell’autenticità: “Non ho avuto riferimenti, ho cercato di essere me stesso, di porre le domande che avrei voluto“. E se ce n’è una che avrebbe voluto ricevere ma che nessuno gli ha mai fatto? “No, tanto non avrei avuto risposte brillanti da dare“.
