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Home Spettacoli

Dargen D’Amico: “Volevo smettere. Su Gaza non mi pento di nulla. La musica si è adeguata all’IA”

Parte il nuovo progetto del rapper Dargen D'Amico, il podcast Tolomeo in cui vuole dare voce alle persone che lottano davvero sul campo

by Marco Viscomi
11 Novembre 2025
Dargen D'Amico e il suo nuovo progetto Tolomeo

Dargen D'Amico e il suo nuovo progetto Tolomeo | Instagram - @dargendamico

Roma, 11 novembre 2025 – Dopo i palchi di Sanremo e le poltrone di X Factor, Dargen D’Amico approda al mondo dei podcast. Il progetto si chiama Tolomeo — Le impronte che lasciamo, sei episodi ideati e condotti dal rapper milanese, finanziati con i fondi del progetto Next Generation EU e in uscita ogni martedì a partire dall’11 novembre.

Dargen D’Amico e il progetto Tolomeo

Al centro, storie e voci di chi agisce nel sociale: “esempi virtuosi che affrontano i problemi di oggi“. Nel primo episodio, Dargen D’Amico — all’anagrafe Jacopo Matteo Luca D’Amico, 44 anni — dialoga con Najla Aqdeir, atleta che ha fatto dello sport uno strumento d’integrazione. Nei successivi, spazio a temi come il clima, le periferie e la cittadinanza. “Da questo podcast ho imparato“, dice, “l’importanza dei piccoli gesti“.

Dopo il successo di Dove si balla (Sanremo 2022) e Onda alta (Sanremo 2024), e le esperienze da giudice a X Factor, per Dargen è una sorta di svolta: “Volevo approfondire i dubbi della nostra società, chiedendo a chi si batte ‘sul campo’ per un mondo migliore. Attivisti, esperti. L’Italia e l’Occidente sono in crisi: verità che ci siamo raccontati per anni, come l’essere ‘i buoni’, sono sparite davanti alle stragi a Gaza, per dire. In tanti cercano risposte, io per primo. Qui ho preso appunti“.

Dargen D'Amico
Dargen D’Amico | Instagram – @dargendamico

La visione sulla politica e le nuove generazioni

Alla politica, invece, Dargen guarda con disincanto: “È impegnata in una lotta reciproca, a denunciare ciò che farebbe se solo si trovasse nella posizione dell’altro. E al governo vedo clientelismo e nepotismo. Magari è una mia distorsione: ho sviluppato una coscienza politica dalle stragi di mafia del 1992, su cui non ho avuto risposta dai politici. La fiducia si è azzerata“.

Diversamente da Marracash, con cui condivise gli esordi nell’underground milanese, D’Amico rivendica la sua scelta di partecipare al voto: “Io voto. Ma vorrei farlo perché ‘ci credo’. Oggi la politica — salvo eccezioni locali — non si pone domande. Ignora il clima, la cittadinanza. E ci sta convincendo del riarmo, per esempio con operazioni-simpatia verso le armi nelle scuole, per me inconcepibili. Con Tolomeo, ecco, do voce a chi si occupa di urgenze che i media e istituzioni ignorano“.

E sulle nuove generazioni ammette: “Le vedo confuse. O forse io non riesco a stare al passo. Ho vissuto l’età pre-social, quando tutto richiedeva attesa. Non mi trovo con i tempi rapidi di oggi“.

Il suo rapporto con la musica

Anche la musica italiana, secondo lui, vive un momento di stagnazione: “Encefalogramma piatto. Si è portata avanti: scriviamo canzoni come se già ci fosse l’intelligenza artificiale, così quando l’AI arriverà davvero troverà la strada spianata“.

Ma non pensa di smettere: “Non ho mai pensato a un rapporto eterno con la musica, chissà. Se non avrò idee, smetterò. Non è ancora il momento“.

Un momento di crisi, però, c’era già stato: “Sì, il Covid mi aveva fatto riflettere su varie scelte di vita, tra cui la musica. Suonavo per una nicchia e, senza i locali, non potevo farlo. E non mi rivedevo più nelle canzoni: canto i dubbi da sempre, ma sul palco devo incarnare una certezza; in quel momento non mi sentivo più tale, e odio recitare“.

Dargen D’Amico e le parole su Gaza a Sanremo

Dopo Sanremo 2024, le sue parole su Gaza avevano fatto discutere. “Non sono ‘rogne’. L’unica ‘rogna’ è stata finire nelle pagine social dei politici, che riprendevano le mie parole per screditarmi. Parlarne era un gesto ‘egoistico’: c’erano bambini che morivano, dirlo davanti a tutti, come ha fatto anche Ghali, mi sembrava il minimo già solo per non sprecare quella visibilità“.

E se qualcosa l’ha persa, non se ne cruccia: “Ma no. E se anche fosse, era roba di poco conto. Cosa vuole che sia un follower in meno rispetto a un bambino che muore? Poi, si figuri, mi sta intervistando: non sono stato affatto ‘cancellato’“.

A Sanremo tornerebbe “Certo. Per me è questione culturale, una manifestazione con cui sono cresciuto, che ho nel sangue. È come se mi chiede: tornerebbe a pranzo dai suoi cugini? Certo che sì”. E a chi gli fa notare che forse i “cugini” potrebbero essersi offesi, replica ironico: “Non ho mica ucciso qualcuno“.

Sul silenzio di molti colleghi preferisce non giudicare: “Magari, per loro, non era il momento. Ma qualcosa, soprattutto negli ultimi mesi, è cambiato anche lì, tra concerti per la solidarietà e altro“.

Il rapporto con X Factor

Dell’esperienza a X Factor ricorda la fatica: “Ero convinto che sarebbe stato un gioco, ma sono stato massacrato dalle responsabilità: ho imparato quant’è difficile decidere per gli altri, è stato come essere l’allenatore di una squadra di calcio. Stressante“.

Con Fedez, di cui fu autore e compagno d’avventura nel talent, mantiene i contatti: “Ci seguiamo ancora. Siamo simili, entrambe cantiamo i dubbi. Ma facciamo vite opposte: io sono un artigiano, lui maneggia livelli di successo che non mi competono. È giusto così: impazzirei dopo un minuto nei suoi panni, con tutti gli occhi addosso; e lui, nei miei, si annoierebbe“.

Nel ruolo di intervistatore, per Tolomeo, ha scelto la via dell’autenticità: “Non ho avuto riferimenti, ho cercato di essere me stesso, di porre le domande che avrei voluto“. E se ce n’è una che avrebbe voluto ricevere ma che nessuno gli ha mai fatto? “No, tanto non avrei avuto risposte brillanti da dare“.

Tags: Dargen D'Amico

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