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Carlo Verdone si racconta a Tintoria senza filtri: aneddoti, fallimenti, rinascite

L'attore ha parlato della serie tv "Vita da Carlo", degli alti e i bassi della sua carriera e della passione per la medicina

by Alessandro Bolzani
25 Novembre 2025
Carlo Verdone ospite a Tintoria

Carlo Verdone ospite a Tintoria | YouTube @Tintoria Podcast - Alanews.it

L’ultima partecipazione di Carlo Verdone al podcast “Tintoria” diventa il punto di partenza per un viaggio dentro la sua carriera, la sua visione della comicità e il suo rapporto con il pubblico. L’attore e regista romano ripercorre momenti decisivi della propria vita artistica e personale, alternando riflessioni, battute, ricordi e confessioni. Ne esce un ritratto lucido e sorprendentemente intimo, che attraversa la conclusione di Vita da Carlo, la sua passione per la medicina, gli inizi nei teatri “cantina”, fino a episodi privati che testimoniano quanto la comicità rimanga per lui un modo di osservare il mondo.

Un’apertura irriverente: il contesto dell’intervista

L’episodio si apre con un lungo sketch satirico ideato dai conduttori, che immaginano una surreale iniziativa governativa: una serie di video “approvati” per incentivare la natalità, parodie del mondo pornografico costruite per veicolare valori come fiducia e responsabilità. Nel racconto, un idraulico rifiuta favori sessuali e preferisce un bonifico posticipato, mentre riceve la notifica del pagamento a casa, davanti alla famiglia. La parte comica si collega poi allo sponsor della puntata, presentato come la soluzione per creare piattaforme web dove ospitare contenuti di questo tipo. È in questo clima, a metà tra ironia e provocazione, che Verdone entra in scena.

Verdone illustra la stagione finale di “Vita da Carlo”

Uno dei temi principali è la conclusione della quarta stagione di Vita da Carlo, che per Verdone rappresenta la fine naturale di un percorso. Spiega che la serie non potrebbe proseguire senza snaturarsi: il materiale autobiografico che l’ha alimentata è terminato e non vuole forzarne l’evoluzione. Anche se la narrazione mescola realtà e fiction, la base resta la sua vita, e di quella ha ormai raccontato tutto ciò che riteneva significativo.

Il nodo del disincanto e il ricordo del flop di “C’era un cinese in coma”

La nuova stagione si apre con un Verdone stanco, in crisi creativa. Una condizione che, pur non avendola mai vissuta in quei termini, richiama alla memoria un episodio concreto: il mancato successo al botteghino di C’era un cinese in coma nel 2000. Quell’esperienza lo spinse a fermarsi, convinto di aver saturato il pubblico dopo vent’anni di film. Da quel momento scelse una pausa di due anni per dedicarsi ai figli e recuperare energie. Col passare del tempo, quel film è stato rivalutato, al punto da ricevere apprezzamenti da colleghi come Toni Servillo e Paolo Sorrentino, che ne hanno riconosciuto il coraggio e la precisione dei tempi comici.

L’omaggio di Verdone ad Alvaro Vitali

Nella nuova stagione compare anche Alvaro Vitali, cui Verdone dedica parole affettuose. Racconta di averlo voluto coinvolgere dopo aver letto un’intervista in cui l’attore esprimeva amarezza per essere stato dimenticato dagli ambienti cinematografici. Le condizioni di salute non gli avevano permesso di inserirlo già nella seconda stagione, ma ora appare in una sequenza onirica girata in bianco e nero come tributo al cinema di Fellini. Un modo per restituire dignità a un artista ricco di memorie e aneddoti su Cinecittà.

Il rapporto con il pubblico e i limiti della comicità oggi

Verdone riflette anche sulla percezione che gli spettatori hanno di lui. L’aneddoto di una spettatrice che, senza mezzi termini, gli chiese di “farli ridere” perché per lei era un antidepressivo sintetizza un rapporto quasi affettivo. Ma Verdone riconosce che quel tipo di comicità fatta di maschere e tormentoni oggi non funzionerebbe più. Il pubblico, sostiene, vive una contraddizione: desidera ridere, ma il clima sociale non offre molto da cui trarre leggerezza. Per questo apprezza film come quello di Paola Cortellesi, capaci di suscitare un sorriso più che una risata fragorosa, intercettando un bisogno diverso.

Generazioni a confronto e fragilità dei giovani

Nel podcast emerge anche la sua attenzione al mondo giovanile. In Vita da Carlo interpreta se stesso mentre insegna agli allievi del Centro Sperimentale e si scontra con un linguaggio che percepisce distante. Una studentessa lo accusa persino di rappresentare il patriarcato e gli cita tutti gli elementi “scorretti” della sua filmografia. Questo spunto diventa una riflessione più ampia: per Verdone, i giovani di oggi vivono un panorama complicato, tra instabilità lavorativa, relazioni filtrate dai social e progressivo abbandono degli studi umanistici. Colpe, dice, attribuibili più alla generazione che ha guidato l’economia globale che ai ragazzi stessi.

L’arte dell’osservazione e il “laboratorio” della farmacia

Uno dei capitoli più gustosi dell’intervista riguarda il suo metodo di osservazione della realtà, che la notorietà rende sempre più difficile. Per cogliere comportamenti autentici, racconta di nascondersi dietro il paravento della pressione in una farmacia, ascoltando i problemi dei clienti. Da lì nascono diagnosi improvvisate e storie comiche. Ricorda la signora tormentata da una tosse dovuta a un ACE-inibitore, cui suggerì la terapia corretta, e il signore convinto di avere il “fuoco di Sant’Antonio” quando si trattava solo di un fungo. Entrambi gli episodi, oltre a essere esilaranti, mostrano la sua competenza medica e la sua empatia.

Una passione medica che va oltre la curiosità

Verdone spiega anche come la sua passione per la medicina non sia un hobby. Studia regolarmente atti di congressi, considerandoli una fonte seria. La laurea honoris causa in Medicina dell’Università di Bari non gli è stata conferita per queste diagnosi occasionali, ma per anni di impegno in campagne di prevenzione, visite negli ospedali e sostegno al volontariato. Il suo progetto più importante è “Casa Mamma Rossana”, il centro maternità da lui finanziato in Malawi in memoria della madre, nato per ridurre un tasso di mortalità infantile drammatico.

Verdone dai teatri “cantina” al cinema con Sergio Leone

Nella parte più biografica, Verdone ricostruisce i suoi inizi negli anni Settanta, quando recitava nei teatri sotterranei di Roma e nei cineclub che ne alimentarono la formazione cinematografica. Il debutto televisivo con Non Stop attirò l’attenzione di Sergio Leone, che lo volle per il suo primo film. Dopo i successi iniziali con i personaggi multipli, rimase a un certo punto senza produttori e in piena crisi, finché Mario Cecchi Gori non gli propose di interpretare un personaggio unico. Nacque così Borotalco, che lo consacrò definitivamente.

Le rubriche finali: aneddoti e confessioni private

Nel finale emergono episodi personali che aggiungono colore al ritratto. Rivela di aver provato la marijuana solo poche volte, di essere astemio e di non aver mai cercato lo “sballo”. Racconta il curioso incidente con Berlusconi, che con una pacca sulla schiena gli riaprì la ferita di un’operazione, e il rimprovero di Aldo Fabrizi per aver scelto la sorella nel cast di Io e mia sorella. Infine, conferma che sarà nominato “Sindaco di Roma per un giorno”, un riconoscimento già assegnato anni fa ad Alberto Sordi. A chi gli chiede perché non si candidi davvero, risponde con pragmatismo: nella vita, dice, è meglio dedicarsi a un solo mestiere.

Tags: Carlo VerdoneTintoria

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