Ospite della nuova puntata del BSMT di Gianluca Gazzoli, lo chef Antonino Cannavacciuolo ripercorre le tappe fondamentali della sua prestigiosa carriera. Il dialogo esplora i suoi inizi faticosi, il rapporto complesso con il padre e l’emozione di ricevere le prime tre forchette dal Gambero Rosso. Cannavacciuolo sottolinea l’importanza del tempo, del sacrificio e della passione viscerale necessaria per eccellere nel mondo della ristorazione. Vengono inoltre trattati temi come il successo televisivo di MasterChef, il legame profondo con la famiglia e l’orgoglio per il riconoscimento della cucina italiana come patrimonio UNESCO. Lo chef conclude offrendo preziosi consigli ai giovani, invitandoli a considerare l’errore come uno strumento indispensabile per la crescita professionale.
Antonino Cannavacciuolo: una masterclass tra cucina, vita e sogni
L’incontro di Antonino Cannavacciuolo al “BSMT” non è stata solo l’intervista a uno degli chef più stellati d’Italia, ma una vera e propria riflessione sul valore del tempo e sulla determinazione necessaria per trasformare un sogno in realtà. Tra aneddoti personali e riflessioni professionali, lo chef ha ripercorso le tappe di un viaggio che lo ha portato dalle cucine della provincia di Napoli ai vertici della gastronomia mondiale.

Le radici e il “No” del padre
Il percorso di Antonino Cannavacciuolo non è iniziato in discesa. Nonostante fosse figlio d’arte — suo padre era un insegnante di scuola alberghiera e chef — ricevette inizialmente un netto rifiuto alla sua volontà di intraprendere la carriera culinaria.
Il padre cercò di metterlo in guardia dai sacrifici estremi: la mancanza di festività, i sabati e le domeniche passati a lavorare, e una vita sociale limitata. Tuttavia, quel contrasto iniziale e la severità paterna, che lo portava a non fargli mai complimenti diretti, divennero la sua “benzina” per dimostrare il proprio valore.
La formazione: da Capri alla Francia
Dopo gli studi iniziati a soli 13 anni e il servizio militare, l’esperienza al Quisisana di Capri segnò una svolta, introducendolo alla linea di Gualtiero Marchesi e al mondo stellato. È qui che Antonino Cannavacciuolo comprese di dover “ricominciare da zero” per eccellere. Il passaggio successivo in Francia gli ha poi trasmesso il valore della precisione, del silenzio in cucina e dell’eleganza, elementi che oggi sono pilastri della sua organizzazione.
Lo chef ricorda con ammirazione i maestri del passato come Marchesi, ma anche figure come Vissani, definito il “mangiafuoco” della cucina, e Pierangelini, per la sua capacità di valorizzare l’ingrediente.
Villa Crespi: una scommessa folle
Il legame con Villa Crespi è indissolubile da quello con sua moglie, Cinzia. I due hanno rilevato la gestione della storica villa quando Antonino aveva solo 23 anni, affrontando rischi finanziari enormi e momenti di grande difficoltà, specialmente durante i mesi invernali quando il Lago d’Orta si “spegneva“. In quegli anni, Cannavacciuolo non si è mai arreso, arrivando a fare eventi all’estero o a viaggiare di notte per acquistare materie prime direttamente dai produttori pur di far quadrare i conti e investire nella crescita della sua brigata.
Il successo: Stelle, Gambero Rosso e l’UNESCO
L’emozione più vivida raccontata dallo chef riguarda la telefonata del Gambero Rosso che gli annunciava le Tre Forchette. La sorpresa fu tale che, in un momento di gioia e shock, arrivò ad attaccare il telefono in faccia alla redattrice. Da lì, una scalata inarrestabile di riconoscimenti che oggi lo vede superare le 10 stelle Michelin totali tra le varie attività.
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Un momento di orgoglio collettivo citato nell’intervista è la proclamazione della cucina italiana come patrimonio UNESCO, un traguardo raggiunto grazie anche all’impegno di figure come Maddalena Fossati. Per Cannavacciuolo, l’italianità si esprime anche nei gesti semplici: a Villa Crespi, i menù si chiudono ancora oggi con piatti iconici come lo spaghetto al pomodoro o il pacchero al ragù, per riaffermare le proprie origini prima del dessert.
La televisione e l’umanità
L’approdo a MasterChef e Cucine da Incubo non era nei suoi piani iniziali. Lo chef ha ammesso di aver rifiutato più volte le proposte televisive per restare concentrato sulla conquista della terza stella. È stata la moglie Cinzia a convincerlo a dare una possibilità a questo mondo.

Nonostante la celebrità, Antonino Cannavacciuolo mantiene un approccio profondamente umano. A MasterChef, è rimasto colpito dalla partecipazione di un concorrente di 92 anni, un messaggio potente su come la passione per il cibo possa allungare la vita. La sua celebre “pacca” sulla spalla è invece un’eredità della fisicità ricevuta dai suoi maestri e da suo padre, un modo per dire “bravo” attraverso il contatto.

Consigli per il futuro
Ai giovani che sognano la cucina, Cannavacciuolo suggerisce di non aprire subito un’attività, ma di fare quanta più esperienza possibile, imparando anche dagli errori altrui. Per lui, l’insuccesso è fondamentale perché è ciò che ti fa riflettere e ti spinge a crescere, mentre il successo rischia di addormentare l’ambizione.





