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Home Spettacoli

Addio ad Alvaro Vitali. I film da vedere per ricordare “Pierino”

by Redazione
25 Giugno 2025
Alvaro Vitali nel film L'arbitro

Alvaro Vitali nel film L'arbitro | Photo by Luigi Filippo D'Amico (director) / Sergio D'Offizi - Alanews.it

Si è spento Alvaro Vitali, attore romano diventato un’icona della commedia italiana più irriverente e popolare. Nato nel 1950 a Roma, Vitali è stato il volto indimenticabile di Pierino, personaggio simbolo della comicità trash anni ’80. Ma il suo percorso artistico ha radici profonde, legate al cinema d’autore e alla satira sociale, in un’Italia in rapida trasformazione.

L’inizio con Federico Fellini

Prima di essere Pierino, Vitali fu un volto scelto da Federico Fellini, che lo volle in ben quattro pellicole: Satyricon (1969), I clowns (1970), Roma (1972) e Amarcord (1973). In questi film, pur interpretando ruoli secondari e spesso muti, Vitali riuscì a distinguersi con una presenza scenica surreale e brillante, espressione di una fisicità comica capace di lasciare il segno anche senza parole. Il sodalizio con Fellini, seppur breve, gli aprì le porte del cinema e lo fece notare per le sue doti istintive.

Il fenomeno Pierino, il personaggio più iconico di Alvaro Vitali

Il vero successo arrivò nei primi anni ’80 con Pierino contro tutti (1981) e Pierino colpisce ancora (1982), due commedie farsesche e dissacranti che trasformarono Alvaro Vitali in un simbolo di comicità popolare. Il personaggio di Pierino, scolaro impertinente e sboccato, conquistò il pubblico con gag semplici, doppi sensi e situazioni esilaranti, riflesso di una comicità che non ambiva all’eleganza ma alla risata immediata. I film furono campioni d’incassi e ancora oggi sono considerati cult del cinema trash italiano.

Altri film da ricordare

Sulla scia del successo di Pierino, Vitali interpretò ruoli simili in altre pellicole del periodo, tra cui Pierino medico della S.A.U.B. (1981), spin-off della saga originale che lo vede nei panni di un improbabile dottore, sempre pronto alla battuta sguaiata. Ma il percorso di Vitali nel cinema comico italiano iniziò già prima, con La poliziotta (1974) di Steno, dove recitò accanto a Mariangela Melato in un ruolo minore ma divertente, preludio alla sua ascesa nella commedia sexy all’italiana.

In L’insegnante (1975), al fianco di Edwige Fenech, vestì i panni di Tatuzzo, assistente scolastico imbranato, in una delle pellicole simbolo del genere. Seguirono altri titoli come La dottoressa preferisce i marinai (1981), dove l’attore dimostrò ancora una volta il suo talento nel muoversi tra erotismo e farsa, in un cinema fatto di provocazioni leggere e risate immediate.

Il declino silenzioso di Alvaro Vitali

Dopo aver preso parte a circa 150 film, tra ruoli principali e secondari, Vitali si è progressivamente allontanato dalle scene a partire dagli anni ’90. Il successo clamoroso del personaggio di Pierino finì per imprigionarlo, rendendolo poco appetibile per ruoli diversi. In varie interviste, l’attore lamentò l’improvviso silenzio da parte del mondo dello spettacolo: “Il telefono ha smesso di squillare”, disse una volta con amarezza. Eppure non smise mai di sognare un ritorno sul grande schermo, magari proprio con un nuovo film su Pierino, simbolo indelebile della sua carriera.

Una vita modesta, nonostante la fama

La popolarità, per Vitali, non si tradusse mai in una stabilità economica. Ricoverato negli anni Duemila per un ictus da cui si riprese, ha vissuto con una pensione modesta, tra i 1.200 e i 1.300 euro mensili. A più riprese denunciò compensi bassi e contributi previdenziali mai versati come avrebbe meritato. Nonostante questo, continuò ad apparire in pubblico, partecipando a sagre, eventi e matrimoni, sempre nei panni del suo amato Pierino. Un modo per restare vicino al pubblico che non lo ha mai dimenticato, e che lo ha sempre accolto con affetto.

L’eredità comica di Alvaro Vitali

Alvaro Vitali lascia dietro di sé un patrimonio comico difficilmente replicabile. In lui si condensano lo spirito popolare, la battuta pronta, l’ironia irriverente e una recitazione istintiva che parlava a tutti. Era l’uomo comune, il monello che non cresce mai, capace di far ridere con una smorfia o una parolaccia. Al di là delle difficoltà personali, il suo desiderio di recitare e l’attaccamento al personaggio che lo ha reso celebre restano una testimonianza autentica dell’amore per il mestiere dell’attore.

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