Tra entusiasmo accademico e cautela delle case d’asta, riduzione aliquota rilancia il settore: “Benefici per primario, ma non sempre conviene su margine”
All’interno del decreto Omnibus, approvato il 20 giugno e in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è contenuta una misura che interessa direttamente il mercato dell’arte: la riduzione dell’aliquota IVA dal 22% al 5% per la cessione e l’acquisto di oggetti d’arte, antiquariato e da collezione. La disposizione, da anni auspicata dagli operatori, rappresenta un intervento significativo per rilanciare la competitività dell’Italia nel panorama internazionale. “Con l’IVA al 5% l’Italia torna al centro del mercato dell’arte”, afferma Marco Allena, professore ordinario di Diritto Tributario, presso la facoltà di economia e giurisprudenza all’università Cattolica. “È una misura che potremmo definire straordinaria per il nostro Paese, perché è da tanti anni che se ne parla e finalmente il Parlamento e il Governo si sono adeguati a quelle che erano le richieste del mercato, degli operatori, anche degli studiosi”. Secondo Allena, la precedente aliquota al 22% era “eccessiva e penalizzante”, soprattutto rispetto alle riduzioni in Francia e Germania intorno al 7-8%. “L’Italia, in realtà, non si adeguata ad altri Paesi ma ha fatto meglio. I benefici sono molti, intanto riprenderà un mercato che stava diventando asfittico. Poi, favorirà il rapporto pubblico-privato e incrementerà il mercato museale. Infine, promuoverà un collezionismo più trasparente”, continua il professore. Tuttavia, la norma prevede l’incompatibilità tra aliquota ridotta e regime del margine, ovvero il sistema che consente di applicare l’IVA solo sull’effettivo guadagno. Si tratta di un dettaglio tecnico non marginale per chi opera nel mercato secondario. A entrare nel merito delle implicazioni pratiche è Marco Cambi, fondatore e presidente di Cambi Casa d’Aste: “Da una parte sembrava un po’ la classica notizia di cui si parla si parla ma poi non si concretizza, invece bisogna questa volta è stata abbastanza veloce perché non è andata avanti per anni. Senz’altro può essere un vantaggio per il mercato dell’arte, ma di più per il mercato primario che per noi. Abbiamo fatto un po’ di simulazioni e penso che forse non ci convenga passare al 5%. Noi paghiamo circa già un 5%, per cui verremo avvantaggiati forse dalle transazioni piccole e quelle dove abbiamo un po’ più di margine, invece penalizzati dalle transazioni più grandi perché alle volte noi vendiamo con meno del 20% di margine e quindi andremo a pagare più IVA indubbiamente. Però, con questa operazione, ora speriamo di riportare un po’ d’arte in Italia. Penso ci sarà anche più possibilità che un collezionismo italiano si sviluppi e si rinnovi. Una volta che le opere vanno all’estero, poi non tornano più, ora c’è più speranza che si crei un circolo in Italia”.
Fonte: Nicoletta Totaro - IVA al 5% sull'arte, svolta che cambia il mercato: "Rilancio dopo anni di penalizzazioni"





