Roma, 26 agosto 2025 – Un recente studio coordinato da Joanna Baker dell’Università di Reading ha rivelato un legame significativo tra la lunghezza del pollice e lo sviluppo cerebrale nei primati. La ricerca, pubblicata su Communications Biology, ha analizzato 94 specie di primati, inclusi esemplari fossili, evidenziando come mani e cervello si siano evoluti in parallelo.
L’evoluzione congiunta di pollice e cervello
Secondo Baker, “abbiamo sempre saputo che il nostro cervello grande e le nostre dita agili ci distinguessero, ma ora possiamo vedere che non si sono evoluti separatamente“. Man mano che i nostri antenati miglioravano nella manipolazione degli oggetti, il cervello si è adattato per gestire queste nuove capacità. La correlazione trovata tra la lunghezza del pollice e le dimensioni cerebrali non riguarda il cervelletto, ma interessa la neocorteccia, una regione complessa che gestisce la cognizione, la coscienza e l’elaborazione delle informazioni sensoriali. Questo suggerisce che il perfezionamento delle abilità manuali abbia richiesto un aumento della capacità cerebrale per utilizzare efficacemente tali competenze.
Il ruolo centrale della mano nella conoscenza e nella cultura
Il legame tra mano e mente è stato anche approfondito in campo pedagogico e filosofico. Studi come quelli di Manuela Valentini e Andrea Murru sottolineano come la coordinazione oculo-manuale e l’operatività favoriscano la conoscenza di sé e dell’ambiente circostante. La filosofia di Immanuel Kant definiva la mano come il “cervello esterno dell’uomo“, evidenziandone l’importanza nell’espressione della ragione e dell’intelligenza. Analogamente, il metodo Montessori ha sempre valorizzato il fare manuale come strumento educativo fondamentale fin dalla prima infanzia.
La complessità anatomica e neurofisiologica della mano, con le sue 27 ossa e una ricca rete di recettori tattili, rende possibile una sensibilità fine e una prensione sofisticata. Questa capacità ha permesso all’uomo di sviluppare attività complesse, dall’arte alla tecnologia, confermando che la mano non solo ha fatto l’uomo, ma contiene l’essenza stessa della nostra evoluzione cognitiva.






