Roma, 20 agosto 2025 – Per la prima volta gli astronomi sono riusciti a osservare la struttura interna di una stella sul punto di esplodere in una supernova. La ricerca, pubblicata su Nature e coordinata da Steve Schulze della Northwestern University, ha rivelato una configurazione a gusci concentrici composti da diversi elementi chimici, una sorta di stratificazione mai documentata direttamente fino a oggi. Allo studio ha contribuito anche l’italiano Mattia Bulla, dell’Università di Ferrara, con il supporto dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica.
La vita delle stelle massicce
Le stelle sono enormi sfere di gas, perlopiù idrogeno ed elio, che sotto l’effetto della gravità si comprimono fino a innescare la fusione nucleare. Questo processo, che può durare milioni o miliardi di anni, porta alla formazione progressiva di elementi sempre più pesanti: dagli strati esterni ricchi di gas leggeri fino ai nuclei interni che custodiscono elementi più complessi. Nelle stelle di grande massa, comprese tra 10 e 100 volte quella del Sole, questa evoluzione produce una struttura a cipolla con strati sovrapposti, ciascuno dominato da un diverso elemento.
Il momento del collasso di una stella
Quando il delicato equilibrio tra la pressione esercitata dalla fusione e la forza di gravità viene meno, la stella è destinata a collassare ed esplodere con la potenza di una supernova. Poco prima di questo evento, alcune stelle tendono a espellere i gusci più esterni, liberandosi degli ultimi residui di idrogeno e rivelando i livelli interni costituiti da elio, carbonio e ossigeno.
Uno strato mai visto prima
Grazie alle nuove osservazioni, gli scienziati sono riusciti a spingersi oltre, individuando per la prima volta un guscio ancora più profondo, ricco di silicio e zolfo. Un risultato inatteso che ha colto di sorpresa il gruppo di ricerca: “Era così insolito che abbiamo pensato a un errore”, ha ammesso Adam Miller, coautore dello studio. La scoperta, infatti, mostra una complessità evolutiva che non era stata prevista con chiarezza dai modelli teorici.
Teorie da rivedere
Secondo gli studiosi, la stella osservata rappresenta un caso unico che costringe ad ampliare le attuali conoscenze sull’evoluzione stellare. “Non significa che i manuali di astrofisica siano sbagliati – ha spiegato Miller – ma certamente non riescono a descrivere fino in fondo la varietà e la ricchezza dei fenomeni che avvengono nell’Universo”. La ricerca, dunque, apre nuove prospettive per comprendere i meccanismi che portano alla morte violenta delle stelle più massicce e alla nascita degli elementi che compongono il cosmo.






