Nuova importante scoperta sul fronte della lotta ai tumori ai polmoni: ecco le caratteristiche della mutazione e tutti i vantaggi
Una mutazione genetica individuata nel 5% dei pazienti con tumore al polmone non a piccole cellule risulta associata a una risposta più efficace e duratura all’immunoterapia. Lo dimostra uno studio internazionale coordinato dal Dana-Farber Cancer Institute in collaborazione con l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, pubblicato sulla rivista Annals of Oncology.
La mutazione del gene DNMT3A come biomarcatore di risposta per i tumori ai polmoni
L’immunoterapia ha rappresentato un importante progresso nel trattamento oncologico, potenziando la risposta del sistema immunitario contro il tumore. Tuttavia, soltanto una parte dei pazienti trae effettivo beneficio da questa strategia terapeutica. La sfida dell’oncologia di precisione è proprio quella di comprendere in anticipo quali pazienti risponderanno meglio a tali trattamenti.
Il nuovo studio ha identificato la mutazione del gene DNMT3A, coinvolto nel processo di metilazione che regola l’attività genica senza alterare il codice genetico, come possibile biomarcatore predittivo. La mutazione sembra rendere il tumore più riconoscibile dal sistema immunitario, aumentando la vulnerabilità alle terapie con inibitori dei checkpoint immunitari (PD-1/PD-L1).
Secondo il ricercatore clinico Marcello Maugeri-Saccà, co-autore senior dello studio presso il Clinical Trial Center dell’IFO, «questa scoperta consente di selezionare un sottogruppo di pazienti che può beneficiare in modo particolarmente efficace dell’immunoterapia, rendendo le scelte terapeutiche più mirate e personalizzate». Federico Cappuzzo, direttore dell’Oncologia Medica 2 dell’Istituto Regina Elena, aggiunge che «la comprensione delle alterazioni molecolari è strategica per massimizzare l’efficacia dell’immunoterapia».
Implicazioni per la pratica clinica e la ricerca futura
Questo studio si inserisce nel crescente filone di ricerche che evidenziano l’importanza dei test genomici per caratterizzare le neoplasie polmonari e definire percorsi terapeutici personalizzati. Negli ultimi anni, infatti, è emerso che alcune mutazioni, come quelle nei geni KEAP1, PBRM1, SMARCA4 e STK11, possono conferire resistenza all’immunoterapia in una quota significativa di pazienti con adenocarcinoma polmonare, sottolineando la complessità della risposta ai trattamenti immunologici.
La possibilità di identificare precocemente i pazienti con mutazioni favorevoli, come quella del DNMT3A, o sfavorevoli, come quelle associate alla resistenza, apre la strada a una medicina sempre più personalizzata e a un uso più efficiente delle risorse sanitarie. Ulteriori studi sono necessari per validare questi biomarcatori e per approfondire i meccanismi molecolari alla base della risposta immunitaria nel tumore al polmone.






