Roma, 30 luglio 2025 – Almeno il 60% dei tumori del fegato a livello globale è attribuibile a fattori prevenibili, come l’uso di alcol, le epatiti virali e la steatosi epatica non alcolica (fegato grasso). È quanto emerge da un’analisi pubblicata sulla rivista scientifica Lancet, che mette in evidenza come, se le tendenze attuali non subiranno modifiche, il numero di casi di tumore epatico crescerà in modo esponenziale nei prossimi decenni.
Crescita preoccupante dei casi e cause principali
Secondo la ricerca, il carico globale della malattia passerà dagli 870 mila casi del 2022 a 1,52 milioni nel 2050, mentre i decessi aumenteranno da 760 mila a 1,37 milioni nello stesso arco temporale. Il tumore al fegato rappresenta infatti il sesto tumore più comune e la terza causa di mortalità correlata al cancro a livello mondiale. Negli ultimi anni, l’incidenza è cresciuta costantemente, con un aumento dell’1% annuo in Europa e quasi del 3% in Nord America.
Tra i fattori che maggiormente contribuiscono alla crescita dei casi vi sono la maggiore diffusione della malattia epatica associata a disfunzione metabolica (Masld) e le patologie legate al consumo di alcol. Nel prossimo futuro, si prevede che l’incremento maggiore possa interessare l’Africa, a causa della rapida crescita demografica e dell’alta prevalenza dei virus dell’epatite B e C.
Strategie di prevenzione e controllo
Per contrastare questa emergenza sanitaria, gli esperti sottolineano l’importanza di intervenire tempestivamente su vari fronti. Tra le misure raccomandate vi sono la vaccinazione universale contro l’epatite B, il trattamento precoce delle infezioni da epatite B e C, la riduzione del consumo di alcol e il controllo dei fattori che favoriscono la steatosi epatica non alcolica.
“I ricercatori stimano che una riduzione annua di almeno il 2% del tasso di incidenza standardizzato per età sia necessaria per arrestare l’aumento dei nuovi casi di cancro al fegato, con obiettivi più ambiziosi di riduzione del 5% in alcuni contesti”, evidenziano gli autori dello studio. Se tali obiettivi verranno raggiunti, nei prossimi 25 anni si potrebbero prevenire tra 8,8 e 17,3 milioni di nuovi casi e salvare tra 7,7 e 15 milioni di vite.
Il tumore del fegato, causato dalla proliferazione incontrollata delle cellule epatiche, spesso viene diagnosticato in stadi avanzati, rendendo difficile il trattamento. Tra i fattori di rischio più noti, oltre alle infezioni virali e al consumo di alcol, vi sono l’obesità, il diabete e l’esposizione ad aflatossine, sostanze tossiche derivanti da funghi contaminanti alimenti. In Italia, nel 2023, sono stati stimati circa 12.200 nuovi casi di tumore primario del fegato, con una prevalenza doppia negli uomini rispetto alle donne.
La diagnosi precoce, tramite esami del sangue e indagini di imaging come l’ecografia, la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica, è fondamentale per migliorare la prognosi. Inoltre, la sorveglianza regolare nei pazienti a rischio, come quelli con cirrosi o infezioni croniche da epatite, può consentire l’individuazione tempestiva di lesioni neoplastiche.






