Secondo uno studio pubblicato su BMC Public Health condotto su coppie di gemelli, le dimensioni dei tatuaggi risultano strettamente legate alla comparsa di tumori cutanei e linfomi. Un’indagine più recente, invece, ha individuato un’associazione significativa tra la presenza di tatuaggi e un rischio aumentato di melanoma, la forma più aggressiva di cancro della pelle. In particolare, i ricercatori hanno rilevato che le persone tatuate presentano una probabilità del 29% più alta di sviluppare questa neoplasia: il rischio sembra maggiore per chi ha tatuaggi da oltre dieci anni, mentre, a differenza dello studio precedente, non emerge un ruolo determinante delle dimensioni.
Lo studio sugli inchiostri per tatuaggi
La ricerca parte dalla constatazione che vari studi hanno individuato sostanze potenzialmente cancerogene negli inchiostri, tra cui metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici e ammine aromatiche.
Il team ha esaminato i dati clinici di migliaia di persone ottenuti dal Registro Nazionale dei Tumori svedese, concentrandosi su pazienti con melanoma o carcinoma a cellule squamose diagnosticati tra il 2014 e il 2017. Per ogni caso sono stati selezionati tre controlli della stessa età e genere, ai quali è stato sottoposto un questionario.
I partecipanti hanno fornito informazioni dettagliate sui propri tatuaggi — data di realizzazione, posizione, dimensioni e tipologia — permettendo di distinguere quelli estetici dalle applicazioni mediche, come marcatori per radioterapia o trucco permanente.
Sono stati inoltre raccolti dati sociodemografici, sanitari e relativi allo stile di vita, per limitare l’effetto di possibili fattori confondenti, come una maggiore esposizione al sole tra chi si tatua.
Un legame da interpretare con prudenza
Gli autori sottolineano che si tratta di un’associazione statistica e non di un rapporto di causa-effetto. La stessa responsabile, la dott.ssa Nielsen, ha voluto rassicurare la popolazione, pur ribadendo l’importanza della consapevolezza.
L’analisi, condotta su circa 12.000 persone tramite regressione logistica multivariata, ha rilevato un aumento del 29% del rischio di melanoma tra i tatuati, senza evidenze di associazione con il carcinoma a cellule squamose. Gli studiosi ipotizzano che i pigmenti possano migrare ai linfonodi, favorendo processi infiammatori collegati allo sviluppo tumorale, ma si tratta solo di ipotesi.
La maggiore incidenza nei tatuaggi più datati e l’assenza di relazione con le dimensioni richiedono ulteriori approfondimenti, anche perché la valutazione dell’estensione potrebbe non essere precisa. Gli esperti raccomandano comunque tranquillità: chi ha tatuaggi non deve preoccuparsi eccessivamente, ma monitorare con attenzione la salute della propria pelle.
Il ruolo dei fattori confondenti
Alcuni comportamenti possono influire sia sulla scelta di tatuarsi sia sul rischio di melanoma. Per esempio, chi si espone molto al sole può avere maggiori probabilità di avere tatuaggi e, contemporaneamente, di sviluppare un melanoma. Considerare questi aspetti riduce il rischio di interpretazioni distorte.
In epidemiologia questo fenomeno è noto come confondimento: quando non si controllano adeguatamente variabili che possono alterare le associazioni, i risultati rischiano di essere fraintesi. Non tutte le ricerche hanno tenuto conto di questo problema. Uno studio statunitense, ad esempio, aveva ipotizzato che tatuaggi più estesi potessero persino ridurre il rischio di melanoma, senza però considerare fattori cruciali come il fototipo o l’esposizione ai raggi UV.
È probabile quindi che le conclusioni riflettessero più le abitudini delle persone che meccanismi biologici: chi ha tatuaggi molto grandi potrebbe infatti evitare sole e lampade abbronzanti per preservare il colore, riducendo così i danni da UV.

