Cambridge, 20 dicembre 2025 – Un recente studio condotto da un team di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e del Broad Institute di Cambridge offre una nuova speranza nel contrastare il declino del sistema immunitario legato all’invecchiamento. Attraverso una tecnica innovativa che sfrutta l’mRNA e le nanoparticelle lipidiche, gli scienziati sono riusciti a riprogrammare temporaneamente le cellule del fegato per migliorare la funzionalità delle cellule T, cruciali per la risposta immunitaria, negli organismi anziani. Questa scoperta, pubblicata su Nature, potrebbe aprire la strada a trattamenti capaci di rafforzare le difese immunitarie e potenziare l’efficacia delle terapie immunitarie contro il cancro.
Ringiovanire il sistema immunitario: il ruolo del timo e del fegato
Con l’avanzare dell’età, il sistema immunitario subisce un progressivo indebolimento, in particolare per la riduzione delle cellule T, linfociti fondamentali per combattere virus e batteri. Il motivo principale è legato all’involuzione timica, ovvero il progressivo deterioramento del timo, la piccola ghiandola toracica dove le cellule T maturano e si differenziano. A partire dalla prima età adulta, il timo si riduce progressivamente fino a cessare quasi completamente la sua funzione intorno ai 75 anni, causando una diminuzione della produzione di nuove cellule T.
La ricerca del MIT ha tentato di compensare questa perdita creando una sorta di «fabbrica» temporanea in un altro organo, il fegato, in grado di produrre i segnali necessari alla maturazione e alla sopravvivenza delle cellule T. Il fegato è stato scelto per la sua capacità di produrre proteine anche in età avanzata, per la facilità con cui può essere raggiunto dall’mRNA e per il fatto che tutto il sangue, e quindi le cellule T, vi passano attraverso.
La tecnica innovativa: nanoparticelle lipidiche e mRNA per stimolare le cellule T
Gli scienziati hanno identificato tre importanti segnali immunitari, le proteine DLL1, FLT-3 e IL-7, che normalmente vengono prodotte dal timo per favorire la maturazione delle cellule T progenitrici immature. Questi segnali sono stati codificati in sequenze di mRNA che, tramite nanoparticelle lipidiche, sono state somministrate per via endovenosa ai topi anziani.
Una volta raggiunto il fegato, l’mRNA viene assorbito dagli epatociti, le cellule epatiche, che iniziano a produrre le proteine codificate. Questo processo ha permesso di creare un ambiente favorevole per la maturazione e la proliferazione delle cellule T, aumentando così la quantità e la diversità di queste cellule nel sangue.
I test sono stati condotti su topi di 18 mesi, corrispondenti approssimativamente a 50 anni umani, con somministrazioni ripetute di mRNA nell’arco di un mese per mantenere la produzione proteica. I risultati hanno evidenziato un aumento significativo delle popolazioni di cellule T e una maggiore funzionalità di queste ultime.
Effetti positivi sulla risposta immunitaria e sull’immunoterapia oncologica
Un aspetto particolarmente rilevante dello studio riguarda la capacità di migliorare la risposta immunitaria alle vaccinazioni. Dopo il trattamento con mRNA, i topi sono stati immunizzati con ovalbumina, un antigene modello utilizzato per studiare la risposta immunitaria. Nei soggetti trattati, la popolazione di cellule T specifiche per l’antigene è raddoppiata rispetto ai controlli non trattati, segno di una risposta immunitaria più vigorosa e rapida.
Inoltre, la ricerca ha dimostrato che questo approccio può potenziare l’efficacia dell’immunoterapia contro il cancro. I topi trattati con le nanoparticelle contenenti mRNA e successivamente sottoposti a immunoterapia con farmaci inibitori dei checkpoint, in particolare quelli che bloccano la proteina PD-L1, hanno mostrato una maggiore sopravvivenza e una migliore risposta contro i tumori impiantati, rispetto ai topi trattati solo con i farmaci immunoterapici.
Implicazioni e prospettive future
Questo studio, condotto in uno dei centri di ricerca più avanzati al mondo – il MIT, noto per le sue innovazioni tecnologiche e biomediche – rappresenta un passo importante verso la comprensione e la manipolazione del sistema immunitario adattativo, in particolare del suo principale attore, il linfocita T. La possibilità di riprogrammare temporaneamente il fegato per produrre fattori immunostimolanti può aprire nuove vie terapeutiche per combattere le malattie infettive e i tumori negli anziani, la popolazione più vulnerabile a questi problemi.
La ricerca si inserisce nel più ampio contesto degli sforzi per comprendere e mitigare il declino immunitario legato all’età, un tema di grande rilevanza clinica, soprattutto in un mondo con una popolazione sempre più longeva. Il sistema immunitario, articolato in sistemi innati e adattativi, è cruciale per la difesa da agenti patogeni, e la sua capacità di adattarsi e ricordare gli antigeni è alla base della vaccinazione e della risposta immunitaria efficace.
Il professor Feng Zhang, neuroscienziato al MIT e autore senior dello studio, ha sottolineato che “ripristinare la funzionalità del sistema immunitario significa aiutare le persone a vivere più a lungo e in salute“. In un’epoca in cui le malattie croniche, le infezioni e i tumori rappresentano le principali sfide sanitarie, questo approccio innovativo promette di contribuire significativamente alla medicina rigenerativa e alla terapia personalizzata.
