Roma, 9 ottobre 2025 – Importanti progressi nella comprensione della malattia di Parkinson arrivano da un recente studio italiano che ha identificato specifiche alterazioni metaboliche nel sangue dei pazienti affetti da questa patologia neurodegenerativa. La ricerca, condotta dal centro Ceinge Biotecnologie Avanzate ‘Franco Salvatore’ di Napoli su 69 pazienti, è stata pubblicata sulla rivista scientifica Npj Parkinson’s Disease.
Parkinson, alterazioni metaboliche e potenziali nuove terapie
Il team di ricercatori, coordinato da Alessandro Usiello (Ceinge e Università della Campania), Enza Maria Valente (Università di Pavia e Fondazione Mondino) e Andrea Urbani (Policlinico Gemelli e Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma), ha messo in luce anomalie nel metabolismo degli amminoacidi e in molecole coinvolte nel funzionamento dei mitocondri, le centrali energetiche delle cellule. Queste alterazioni metaboliche non sono presenti nei soggetti sani e il loro eventuale riequilibrio potrebbe aprire la strada a nuovi approcci terapeutici combinati, volti a potenziare l’efficacia delle cure attuali che si concentrano sulla mitigazione del processo neurodegenerativo del morbo di Parkinson.
“Questo studio esplorativo, se confermato in casistiche più ampie, potrebbe rivoluzionare il modo di trattare il Parkinson“, ha sottolineato Usiello, evidenziando la necessità di approfondire le cause molecolari delle anomalie e di valutare l’influenza del sesso e della genetica sulle alterazioni metaboliche.
Nuove evidenze dalle neuroimmagini e dal profilo clinico
Parallelamente, uno studio internazionale coordinato dall’Università Statale di Milano, pubblicato su Movement Disorders, ha analizzato i dati di neuroimaging di 2.357 pazienti con Parkinson e 1.182 controlli sani. I ricercatori hanno evidenziato un assottigliamento diffuso della corteccia cerebrale in 38 regioni su 68 esaminate, in particolare nell’amigdala sinistra e nel putamen, strutture profondamente coinvolte nella malattia. L’estensione di queste alterazioni è correlata alla gravità clinica e al peggioramento cognitivo, misurato con il Montreal Cognitive Assessment score.
Lo studio ha inoltre mostrato un progressivo deterioramento anatomico che coinvolge la corteccia occipitale, parietale e temporale, associato a un calo delle funzioni cognitive nei pazienti in stadi più avanzati della malattia. Mario Rango, neurologo dell’Università Statale di Milano, ha commentato: “Queste evidenze supportano l’ipotesi che il Parkinson non sia solo una malattia motoria, ma anche una condizione che coinvolge ampiamente la corteccia cerebrale e il sistema limbico, con impatto significativo sulla cognitività“.
Questi risultati rappresentano un ulteriore passo avanti nella comprensione della complessità della malattia di Parkinson e nelle prospettive terapeutiche, integrando dati metabolici e neuroanatomici per un approccio più efficace e personalizzato alla cura.

