Roma, 27 novembre 2024 – Nel corso del 2024, nei Paesi dell’Unione Europea e dello Spazio Economico Europeo sono stati registrati 24.164 nuovi casi di infezione da HIV, secondo il più recente report congiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). Nonostante un calo apparente rispetto agli anni precedenti, i dati evidenziano criticità importanti, tra cui una significativa quota di diagnosi tardive e un’incidenza elevata tra specifici gruppi a rischio.
Hiv: diagnosi e modalità di trasmissione
Come negli anni precedenti, la maggior parte delle diagnosi riguarda uomini (17.606 casi) rispetto alle donne (6.260), con un rapporto complessivo uomini-donne di 2,8. Tale differenza risulta particolarmente accentuata in alcuni Paesi quali Malta (11,8), Ungheria (6,0) e Spagna (5,9). Il tasso di diagnosi rilevato è di 7,9 ogni 100.000 abitanti tra gli uomini e 2,7 ogni 100.000 abitanti tra le donne.
La fascia d’età più colpita rimane quella compresa tra 30 e 39 anni, che rappresenta il 31,3% di tutte le nuove diagnosi. La modalità di trasmissione più frequente è risultata il sesso tra uomini, che nel 2024 ha rappresentato il 35,6% delle diagnosi totali in UE/SEE (8.614 casi) e oltre il 50% dei casi in sei Stati membri (Croazia, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Slovenia e Spagna). Inoltre, sono stati segnalati 218 casi (0,9%) di persone transgender e 80 (0,3%) con genere non definito.
Impatto dei migranti e diagnosi tardive
Il report Oms/Ecdc sottolinea come nel 2024 più della metà (55,7%) dei casi di HIV di origine nota riguardi persone migranti, cioè nate fuori dal Paese di residenza, con un incremento del 45,4% rispetto al 2015. Sebbene il rischio di mortalità tra migranti e popolazioni autoctone sia simile, i migranti presentano maggiori difficoltà nel seguire la terapia, nel completare i follow-up e raggiungere la soppressione virale, con un rischio elevato di sviluppare l’AIDS. Queste disparità risultano particolarmente marcate per i migranti provenienti dall’Africa.
Un dato particolarmente allarmante riguarda la diagnosi tardiva, che nel 2024 ha interessato il 54% delle nuove diagnosi in Europa e il 48% nell’UE/SEE. Più della metà delle persone diagnosticate presentava una conta di linfociti CD4 inferiore a 350 cellule/mm³, con un terzo in fase avanzata di infezione (< 200 cellule/mm³). La diagnosi tardiva è più frequente tra uomini eterosessuali, tossicodipendenti e persone anziane, con notevoli variazioni geografiche.
Hans Henri P. Kluge, direttore regionale per l’Europa dell’Oms, ha evidenziato che “non stiamo facendo abbastanza per rimuovere le barriere mortali dello stigma e della discriminazione che impediscono alle persone di cercare un semplice test”. Di conseguenza, Oms ed Ecdc chiedono sforzi urgenti per ampliare e rendere di routine i test HIV, promuovere l’accesso all’autotest e raggiungere le persone escluse dalle strutture sanitarie tradizionali.
Prospettive e innovazioni nel contrasto all’Hiv in Europa
Il numero delle nuove diagnosi ha registrato una diminuzione del 14,1% rispetto al 2015 e un calo del 5,4% rispetto al 2023, con un tasso di positività di 5,3 ogni 100.000 abitanti. Tuttavia, il report invita alla cautela nell’interpretazione di questo dato, poiché potrebbe riflettere ritardi nelle segnalazioni o variazioni nella tempestività delle diagnosi post-pandemia Covid-19, più che un reale calo epidemiologico.
Tra le strategie che potrebbero contribuire a ridurre ulteriormente i contagi, si inserisce il recente via libera della Commissione Europea a un vaccino biennale contro l’HIV, il farmaco iniettabile a lunga durata lenacapavir (Yeytuo), approvato nel 2025 dopo aver dimostrato un’efficacia del 100% nei test clinici. Questa innovazione offre una nuova arma nella prevenzione e potrebbe, secondo gli esperti, rivoluzionare il contrasto all’Hiv nel continente.
Nel frattempo, resta fondamentale potenziare le campagne di prevenzione e informazione, soprattutto rivolte ai gruppi più vulnerabili e ai migranti, e garantire un accesso rapido e continuativo alle terapie antiretrovirali.
I dati evidenziano dunque la necessità di interventi mirati per abbattere le barriere sociali e sanitarie che limitano la diagnosi precoce e l’adesione al trattamento, elementi chiave per contenere la diffusione del virus e migliorare la qualità della vita delle persone sieropositive in Europa.






