Roma, 15 luglio 2025 – Una svolta significativa nella lotta contro le malattie neurodegenerative. Sono stati pubblicati di importanti studi scientifici che identificano nuovi biomarcatori per la diagnosi precoce di patologie come Alzheimer, Parkinson, Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) e demenza frontotemporale. Questo risultato, frutto di uno studio su scala globale condotto dal Global Neurodegeneration Proteomics Consortium (GNPC), apre nuove prospettive per interventi terapeutici più tempestivi ed efficaci.
Analisi proteomica su larga scala: la scoperta delle “spie” delle malattie neurodegenerative
Lo studio principale, pubblicato sulle riviste scientifiche Nature Medicine e Nature Aging, ha analizzato più di 250 milioni di proteine provenienti da 35 mila campioni raccolti da 23 comunità di ricerca nel mondo. Un’analisi così vasta ha permesso di isolare specifiche proteine “firma” associate a ciascuna di queste malattie, ma anche di evidenziare meccanismi comuni a più patologie. Tra i risultati più importanti emerge il ruolo della variante genetica APOE ε4, che aumenta il rischio di sviluppare disturbi neurodegenerativi.
L’iniziativa, guidata da Farhad Imam della Gates Ventures, società impegnata nella ricerca su malattie neurodegenerative, ha ricevuto l’apprezzamento di Bill Gates. Il fondatore di Microsoft che ha sottolineato come il GNPC rappresenti un modello di collaborazione scientifica globale per migliorare la diagnosi e la cura di queste malattie.
Nuove tecniche per la diagnosi precoce di Parkinson e Alzheimer
Parallelamente, recenti ricerche indicano metodi innovativi e non invasivi per anticipare la diagnosi delle malattie neurodegenerative. Per il Parkinson, uno studio dell’Università di Haifa ha messo a punto un sistema di analisi vocale computerizzata. Questo è in grado di rilevare alterazioni sottili nella voce anni prima della comparsa dei sintomi motori tipici. Questa tecnica, pubblicata sul Journal of Speech, Language, and Hearing Research, potrebbe consentire un intervento preventivo che preservi la funzione neuronale e migliori la qualità della vita dei pazienti.
Per l’Alzheimer, invece, una scoperta australiana utilizza la tomografia a emissione di positroni (PET) per individuare l’accumulo di proteina beta-amiloide nel nervo ottico, un segnale precoce di malattia che può manifestarsi fino a dieci anni prima dei sintomi cerebrali. Questa innovazione diagnostica è stata presentata al congresso della Società di medicina nucleare di Salt Lake City e rappresenta un potenziale punto di svolta, perché permette di iniziare terapie prima che si manifestino danni irreversibili.
Impatto e prospettive future
Le malattie neurodegenerative colpiscono attualmente oltre 57 milioni di persone nel mondo e il loro numero è destinato a raddoppiare nei prossimi due decenni. La possibilità di identificare biomarcatori precoci, insieme a tecniche di diagnosi non invasive come l’analisi della voce e la PET del nervo ottico, potrebbe trasformare radicalmente il modo di affrontare queste patologie, spostando l’attenzione dalla gestione tardiva dei sintomi a interventi preventivi.
La ricerca di biomarcatori specifici e condivisi, l’analisi delle proteine associate all’età e alla salute cognitiva, e l’individuazione di segnali precoci accessibili e a basso costo, rappresentano oggi una frontiera promettente nella lotta contro Alzheimer, Parkinson e altre malattie neurodegenerative.






