Roma, 5 giugno 2025 – “Il dolore oncologico incide non solo sul corpo, ma anche sulla psiche, portando ansia e depressione. Curarlo in modo adeguato è una priorità”
Il dolore oncologico rappresenta una delle sfide più complesse e invalidanti per i pazienti affetti da tumore. Secondo gli specialisti della Società Italiana degli Anestesisti e Rianimatori (SIAARTI), ne soffre circa un paziente su due, ma il problema è spesso sottovalutato e sotto-trattato. Dal congresso su dolore e cure palliative in corso a Bari, è stato lanciato un forte appello per superare la disinformazione sugli oppioidi, fondamentali per la gestione del dolore.
Il dolore oncologico: un problema ancora sottovalutato
Il dolore cronico accompagna il malato in ogni fase del percorso oncologico e si manifesta anche con episodi acuti, i cosiddetti breakthrough cancer pain, che possono colpire fino a 3-4 volte al giorno. Questi episodi compromettono significativamente la qualità della vita e l’efficacia delle terapie oncologiche. Tuttavia, le paure e i pregiudizi sull’uso degli oppioidi frenano ancora un loro impiego corretto ed efficace.
Secondo Silvia Natoli, responsabile dell’area Dolore e Cure Palliative di SIAARTI, “Il dolore oncologico incide non solo sul corpo, ma anche sulla psiche, portando ansia e depressione. Curarlo in modo adeguato è una priorità. Gli oppioidi, se usati correttamente, sono sicuri e imprescindibili: il Fentanyl, in particolare, è rapido, efficace e indicato anche in pazienti fragili“. Inserito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità tra i medicinali essenziali, il Fentanyl è disponibile in formulazioni come spray nasale o compresse sublinguali ed è uno dei farmaci più efficaci per il controllo del dolore severo nei pazienti oncologici.
Nonostante ciò, il timore di dipendenza e l’associazione con l’abuso di sostanze illecite ostacolano il suo corretto utilizzo. Negli Stati Uniti, infatti, il Fentanyl è tristemente noto come causa principale di overdose fatale quando usato illegalmente, spesso mescolato ad altre droghe. Questo fenomeno, però, non deve penalizzare chi necessita di questo farmaco per uso medico.
Vittorio Guardamagna, direttore di Cure Palliative all’Istituto Europeo di Oncologia, sottolinea che “Il dolore non controllato può portare all’interruzione delle terapie oncologiche, con gravi conseguenze“. Guardamagna segnala inoltre che le innovazioni tecnologiche in arrivo promettono di rendere ancora più sicuro l’impiego del Fentanyl, attraverso dispositivi intelligenti che prevengono sovradosaggio e abusi.
Dolore postoperatorio e la necessità di una rete integrata di cura
Il dolore non riguarda solo la fase oncologica ma si manifesta anche in modo significativo nel postoperatorio. Una recente ricerca evidenzia che solo un paziente su dieci riceve un trattamento adeguato per il dolore dopo un intervento chirurgico, con particolare riguardo alla chirurgia ortopedica, toracica e addominale. Il dolore postoperatorio si distingue in due forme: il dolore acuto “a riposo” e il più complesso dolore “incidente”, che si manifesta durante i movimenti o in seguito a stimoli particolari.
Guido Fanelli, direttore dell’unità di anestesia e rianimazione dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, spiega che la gestione di questo dolore è spesso insufficiente e che solo metà delle strutture ospedaliere italiane dispone di un servizio dedicato al dolore acuto postoperatorio. Inoltre, solo una persona su dieci riceve un trattamento conforme alle linee guida SIAARTI. La carenza di unità specializzate, soprattutto negli ospedali non universitari, rappresenta una criticità che incide negativamente sulla qualità delle cure.
Per migliorare la situazione, è nata la rete nazionale PINHUB, che riunisce i centri italiani specializzati in terapia del dolore, con l’obiettivo di standardizzare e uniformare l’assistenza, superando le differenze regionali e garantendo il rispetto della legge 38/2010 sulla terapia del dolore e le cure palliative.
La gestione efficace del dolore oncologico e postoperatorio è quindi una priorità clinica e culturale, che richiede un impegno congiunto di specialisti, istituzioni e società civile per garantire a ogni paziente la migliore qualità di vita possibile durante il percorso terapeutico.