Washington, 5 dicembre 2025 – Una svolta significativa nel programma vaccinale pediatrico degli Stati Uniti è stata recentemente annunciata dal comitato consultivo sui vaccini dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Il panel, rinnovato sotto la guida del Segretario alla salute Robert F. Kennedy Jr., ha revocato la storica raccomandazione che prevedeva la somministrazione della prima dose del vaccino contro l’epatite B entro le prime 24 ore dalla nascita. Questa decisione segna un punto di rottura nel percorso vaccinale per l’infanzia, suscitando un acceso dibattito sia tra esperti della sanità pubblica che nella comunità scientifica.
Cambiamenti nella politica vaccinale per l’epatite B
L’epatite B, una malattia infettiva causata dal virus HBV che colpisce principalmente il fegato, è stata finora combattuta con una strategia vaccinale consolidata: la prima dose entro le 24 ore dal parto, seguita da ulteriori somministrazioni nei mesi successivi. Questa prassi è stata sostenuta da decenni e altamente raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per prevenire l’infezione nei neonati, che sono particolarmente vulnerabili al rischio di sviluppare forme croniche della malattia.
Tuttavia, il nuovo comitato dell’Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP), composto in maggioranza da membri critici nei confronti delle politiche vaccinali tradizionali e nominati dal Segretario Kennedy Jr., ha votato, con 8 favorevoli contro 3 contrari, per consentire alle madri risultate negative al test dell’epatite B di decidere, insieme al medico, se somministrare la prima dose subito dopo la nascita o rimandare a almeno due mesi di vita del bambino. Tale decisione è in attesa dell’approvazione definitiva da parte del direttore pro tempore dei CDC.
Robert F. Kennedy Jr. e il nuovo corso della sanità americana
Robert F. Kennedy Jr., entrato in carica come Segretario della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti nel febbraio 2025 durante la seconda amministrazione Trump, è una figura controversa. Nipote di John Fitzgerald Kennedy, noto per le sue posizioni critiche e spesso contrarie all’orientamento scientifico prevalente, Kennedy ha promosso un cambiamento radicale all’interno del Dipartimento della salute. Tra le sue azioni più discusse, il licenziamento di tutti i precedenti membri dell’ACIP per sostituirli con un gruppo in gran parte scettico nei confronti dei vaccini, molti dei quali hanno espresso opinioni controverse in passato.
Questa ristrutturazione dell’organo consultivo ha portato a un ripensamento delle indicazioni vaccinali, incluso il rinvio della prima dose del vaccino anti-epatite B. Le motivazioni addotte da alcuni membri riguardano la preoccupazione per possibili effetti sullo sviluppo neuro-immunitario del neonato, nonostante decenni di dati che ne confermano la sicurezza ed efficacia. Gli esperti contrari alla decisione, come il neuroscienziato Joseph Hibbeln, sottolineano l’assenza di evidenze scientifiche a supporto del rinvio e invitano a basare le scelte esclusivamente su dati credibili e consolidati.
L’epatite B: dati epidemiologici e importanza della vaccinazione
Il virus dell’epatite B (HBV) è responsabile di una malattia che colpisce il fegato, con conseguenze che possono evolvere verso cirrosi, insufficienza epatica e carcinoma epatocellulare. Si stima che oltre 350 milioni di persone nel mondo siano portatrici croniche del virus, con circa 750.000 decessi annui legati alle sue complicanze. La trasmissione avviene attraverso il contatto con sangue o fluidi corporei infetti e particolarmente a rischio sono i neonati infettati per via verticale durante il parto, che hanno un’alta probabilità di sviluppare una forma cronica.
L’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda da tempo la somministrazione della prima dose vaccinale entro 24 ore dalla nascita come strategia fondamentale per prevenire l’infezione precoce e la sua cronicizzazione. Il vaccino anti-HBV è efficace nel 95% dei casi e considerato sicuro, con reazioni avverse lievi e rare.
La recente decisione americana rappresenta dunque un cambio di paradigma che potrebbe influenzare anche le politiche internazionali, alimentando un acceso confronto scientifico e politico sulla gestione delle vaccinazioni pediatriche in un contesto di crescente sfiducia verso le istituzioni sanitarie tradizionali.






