Roma, 12 dicembre 2025 – È un ritorno sulla scena politica italiana che non passa inosservato quello di Rosy Bindi, figura storica del centrosinistra e della politica italiana, oggi al centro dell’attenzione per il suo ruolo di vertice nel Comitato per il No al referendum sulla separazione delle carriere in magistratura. La sua presenza, pur definita da lei stessa come una “piccola particina”, riporta al centro del dibattito pubblico una personalità che ha segnato la storia politica italiana degli ultimi decenni.
Rosy Bindi, un percorso politico di lunga esperienza
Nata a Sinalunga nel 1951, Rosaria Bindi ha attraversato con continuità le trasformazioni della sinistra italiana, partendo dalla Democrazia Cristiana fino alla fondazione e guida del Partito Democratico dal 2009 al 2013. La sua carriera parlamentare si è svolta dal 1994 al 2018, durante la quale ha ricoperto importanti incarichi istituzionali: ministro della Sanità dal 1996 al 2000, con la storica riforma del Servizio Sanitario Nazionale nota come riforma Bindi, ministro per le Politiche della Famiglia dal 2006 al 2008 e vicepresidente della Camera dei deputati dal 2008 al 2013. Successivamente è stata anche presidente della Commissione parlamentare antimafia fino al 2018.
La sua figura è stata sempre caratterizzata da una forte identità di sinistra, pur nata in un contesto democristiano, e da posizioni spesso definite “radicali” all’interno dell’area progressista, senza mai aderire al comunismo, come lei stessa ha più volte sottolineato. La sua storia politica è segnata dall’impegno nella difesa di una sinistra plurale, capace di superare i confini tradizionali imposti dal passato.
Il ritorno di Rosy Bindi e il comitato per il No
Dopo un periodo di autoesilio in un piccolo borgo senese e un ritiro dal Parlamento nel 2018, Rosy Bindi torna ora in campo con un ruolo di rilievo nel comitato per il No al referendum sulla separazione delle carriere. Sebbene lei minimizzi il proprio impegno, la sua partecipazione è simbolica di un ritorno di una figura che ha sempre incarnato la “pasionaria” della sinistra italiana, capace di mobilitare e di essere punto di riferimento nel campo progressista.
Il comitato presieduto da Giovanni Bachelet, fisico e docente universitario con esperienza politica nel Partito Democratico, vede la partecipazione di personalità di spicco come l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI), le ACLI, la CGIL, il premio Nobel Giorgio Parisi e Benedetta Tobagi. Giovanni Bachelet, figlio del giurista Vittorio Bachelet assassinato dalle Brigate Rosse, è un accademico con una lunga militanza nel campo della cultura e della politica, che ha svolto anche attività parlamentare e oggi è impegnato in iniziative di promozione della giustizia e della memoria.

L’appello e la critica al Partito Democratico
Negli ultimi anni, Rosy Bindi ha espresso critiche nette e puntuali nei confronti del suo ex partito, il Partito Democratico, da lei stessa contribuito a fondare. In più occasioni ha dichiarato che “è arrivato il momento di scioglierlo”, sottolineando come il PD soffra di una profonda crisi interna che non si risolve con semplici contese di leadership ma richiede una radicale discontinuità e una riflessione sul suo stesso ruolo nel panorama politico italiano.
Ha lamentato una difficoltà crescente nel dialogo dentro la sinistra, parlando di un partito che fatica a proporre risposte concrete ai problemi del lavoro, della povertà e delle nuove generazioni. La sua figura, definita da molti come “pasionaria cattolica e di sinistra”, continua a essere un punto di riferimento per chi guarda a un campo progressista più ampio e coeso, in grado di interloquire anche con il Movimento 5 Stelle, che Bindi invita a mantenere una chiara collocazione a sinistra.
Pur non avendo intenzioni di candidarsi o di tornare in prima linea nel Parlamento, Bindi mantiene viva la sua voce politica attraverso iniziative culturali, incontri con i giovani e un impegno costante nella lotta alla mafia, oltre a una presenza attiva nei media e nelle campagne referendarie.



