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Home Politica

Renzi “shock”: va da Fedez e se la prende con Meloni

by Redazione
1 Luglio 2025
Matteo Renzi e Fedez dialogano durante il podcast Pulp Podcast

Matteo Renzi e Fedez

Roma, 1 luglio 2025 – In un’intervista esclusiva rilasciata a Pulp Podcast, condotto da Fedez e Mr.Marra, Matteo Renzi, leader di Italia Viva ed ex Presidente del Consiglio, ha offerto una disamina intensa e senza filtri sul suo ruolo politico, la comunicazione politica attuale e le sfide che attraversano l’Italia. L’episodio, intitolato “Shock! con Matteo Renzi”, si è rivelato un confronto acceso e ricco di spunti, che ha visto l’ex premier affrontare sia le critiche ricevute sia le sue visioni sulle strategie comunicative e sulle politiche governative recenti.

Il politico come influencer: la critica a Giorgia Meloni

Durante la conversazione, Renzi ha approfondito il concetto di “influencer in politica”, tema centrale del suo libro L’influencer. Secondo lui, questo tipo di politico si concentra più sull’apparire e sul conquistare consensi attraverso la comunicazione mediatica che su interventi concreti di governo. In questo quadro, ha rivolto una critica netta a Giorgia Meloni, accusandola di privilegiare “spot” e “commenti accattivanti” per ottenere like e consenso, senza però impegnarsi seriamente su riforme strutturali come la legge di bilancio o il Decreto Sicurezza, da lui definito una “misura da influencer”.

Renzi ha contrapposto questa visione alla propria esperienza, ricordando come in passato abbia promosso riforme importanti quali le unioni civili, la cancellazione dell’IMU sulla prima casa e il Jobs Act. “Le riforme – ha detto – vanno fatte e poi comunicate, e io ho sempre cercato di farlo, anche se non sempre con il successo sperato”. La critica a Meloni si inserisce in un più ampio dibattito sulla qualità della politica italiana, dove la comunicazione sembra spesso prevalere sui contenuti.

Comunicazione, collaborazioni internazionali e passi falsi

Renzi ha rivendicato il ruolo di “grande influencer” della politica già dieci anni fa, sottolineando la sua capacità di utilizzare in modo innovativo i social network, in particolare Twitter, per dialogare con i cittadini in modo diretto e talvolta ironico. Ha riconosciuto la maestria comunicativa di Meloni, ma ha anche ammesso alcuni “passi falsi” nella sua carriera mediatica. Tra questi, un tema particolarmente dibattuto riguarda la sua collaborazione con l’Arabia Saudita.

Difendendo il suo rapporto con Mohammed bin Salman, Renzi lo ha descritto come un “leader visionario” impegnato nel contrasto al terrorismo e nelle riforme regionali. Ha precisato che le sue consulenze internazionali rappresentano solo una piccola parte della sua attività e che i suoi redditi sono trasparenti e pubblici. Di fronte alle critiche sull’incompatibilità di questi incarichi con il ruolo di parlamentare, soprattutto in considerazione delle differenze nei diritti umani tra Italia e Arabia Saudita, Renzi ha ricordato di aver proposto una legge per vietare ai parlamentari di svolgere altri lavori, proposta che però è stata firmata solo da lui e dal suo partito.

Sul tema linguistico, Renzi ha scherzato sulla sua padronanza dell’inglese, definendola un “globish, un renish shish”, trasformando la critica in un punto di forza e affermando di essere ora in grado di sostenere anche discussioni complesse in lingua straniera.

Non sono mancati riferimenti alla sua promessa di abbandonare la politica dopo la sconfitta al referendum costituzionale, promessa poi parzialmente disattesa con il suo ritorno in campo, ma che Renzi ha difeso sottolineando come altri politici abbiano fatto promesse simili senza subire lo stesso livello di critiche.

Sicurezza, giustizia e lotta alle intercettazioni illegali

Nel corso del dialogo si sono affrontati anche temi di stretta attualità come la sicurezza e la giustizia. Renzi ha criticato apertamente l’attuale approccio del governo Meloni alla gestione dei migranti, definendo “da influencer” l’accordo con l’Albania, che a suo dire non ha ridotto gli sbarchi. Ha proposto di reinvestire il personale di polizia e carabinieri attualmente impiegato all’estero nelle periferie italiane, puntando a una politica di sicurezza che non si limiti alla “legge e ordine” ma che parta dalla cultura, dall’educazione e dagli investimenti nelle zone più fragili del Paese.

Particolare attenzione è stata data alla questione della certezza della pena e alla funzione rieducativa del sistema penale, un tema che Renzi ha definito cruciale anche per contrastare la sensazione di insicurezza percepita, soprattutto tra le donne.

Sul fronte giustizia, l’ex premier si è detto favorevole alla separazione delle carriere dei magistrati, mentre ha espresso una posizione rigorosa sulle norme del codice della strada riguardanti l’uso di sostanze stupefacenti, basandosi su un’esperienza personale dolorosa legata a un incidente causato da guida in stato di ebbrezza. Ha ribadito l’importanza di pene certe e severe per chi commette omicidio stradale, pur sottolineando il valore primario dell’educazione e della responsabilità individuale.

Un momento di particolare tensione è emerso quando Renzi ha denunciato l’uso da parte dello Stato italiano di strumenti di sorveglianza come Paragon Graphite per intercettare giornalisti e politici, definendo queste pratiche una “violazione della democrazia”. Ha evidenziato come tale tecnologia, venduta solo a democrazie, sia stata utilizzata in violazione del contratto per monitorare testate critiche nei confronti di Meloni, come Fanpage e Dagospia. Ha inoltre menzionato il caso delle microspie nella macchina di Andrea Giambruno, compagno della presidente del Consiglio, episodio che ha suscitato ulteriori polemiche.

Rapporti politici e prospettive future

Non sono mancati spunti anche sui rapporti personali e politici, in particolare con Carlo Calenda, che in passato aveva definito Renzi “inaffidabile”. Renzi ha risposto con tono ironico, ricordando il supporto che ha dato a Calenda nel corso della sua carriera, dalle cariche istituzionali al sostegno nelle raccolte firme.

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