Amnesty ha commentato le parole di Matteo Salvini sul reato di tortura definendole “Gravi”. Ecco cosa ha detto il ministro
In occasione della Giornata internazionale contro le vittime di tortura, il dibattito sul reato di tortura torna al centro dell’attenzione in Italia. A margine del convegno “Tortura: universalmente vietata, universalmente praticata”, organizzato da Medici Senza Frontiere allo Steri di Palermo, il portavoce di Amnesty International, Riccardo Noury, ha espresso forti critiche alle recenti affermazioni del vicepresidente del Consiglio dei ministri, Matteo Salvini, che ha suggerito di circoscrivere il reato di tortura per agevolare l’attività della polizia penitenziaria.
Le parole di Salvini sul reato di tortura
Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha recentemente dichiarato che senza una limitazione del reato di tortura gli agenti di polizia penitenziaria rischierebbero di non poter più svolgere efficacemente il proprio lavoro. Questa posizione ha suscitato un acceso dibattito, soprattutto tra le organizzazioni per i diritti umani, che vedono nella tutela contro la tortura un principio fondamentale e non negoziabile.
La risposta di Amnesty International
Riccardo Noury ha replicato duramente a queste affermazioni, sottolineando come i lavoratori nelle carceri meritino rispetto e non siano destinatari di accuse che li screditano. “Io mi sentirei molto offeso al posto loro – ha detto Noury – perché è gente che lavora moltissimo nelle carceri e sentirsi dire così, non è esattamente un complimento”. Il portavoce di Amnesty ha poi ricordato l’importanza del reato di tortura, introdotto nel codice penale italiano dopo quasi trent’anni di battaglie: “Ci abbiamo messo quasi trent’anni per averlo nel codice penale. Nonostante non sia scritto perfettamente, ha prodotto molte indagini e anche alcune condanne”.
L’intervento di Noury si inserisce in un contesto di crescente preoccupazione per la possibilità che, con l’aggravarsi dei conflitti internazionali, le persone rifugiate possano subire discriminazioni anche nei Paesi in cui cercano protezione, un fenomeno che rischia di minare ulteriormente il rispetto dei diritti umani fondamentali.






