Roma, 18 settembre 2025 – Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha ribadito oggi, nel corso di un incontro con la stampa, la natura irrinunciabile dell’immunità ministeriale, sottolineando che l’ultima parola in merito spetta al Parlamento. La dichiarazione arriva in seguito alle polemiche sollevate dal caso Almasri, che ha visto l’arresto e successivo rilascio di Usāma al-Maṣrī Nağīm, sospettato di crimini di guerra e contro l’umanità, nel quale è coinvolta anche la procura di Roma e la Giunta per le autorizzazioni.
Nordio: “L’immunità è una garanzia costituzionale, non personale”
Il guardasigilli ha chiarito di non essere stato informato preventivamente dalla Giunta per le autorizzazioni riguardo alla richiesta di chiarimenti sulla posizione della capa di gabinetto Giusi Bartolozzi, coinvolta nel procedimento legato al caso Almasri. “Stamattina io sono sempre stato qua, fino a un attimo fa mi occupavo della riforma costituzionale”, ha detto Nordio.
Il ministro ha richiamato l’attenzione sull’iter costituzionale previsto per questi casi: “Dopo la pronuncia del tribunale dei ministri, si pronuncia il Parlamento. Questo non lo dice una legge ordinaria, lo dice la Costituzione, una legge costituzionale con pari valore formale”. Nordio ha evidenziato come sin dall’inizio si sia tentato di trasformare una questione politica in un iter processuale, mentre secondo lui avrebbe dovuto essere discussa e criticata in Parlamento, dove l’ultima parola è prevista per legge. “Anche volendo, io non potrei rinunciare a questa garanzia costituzionale”, ha aggiunto, invitando a rispettare la procedura parlamentare finale.
Inoltre, ha sottolineato che la garanzia offerta dalla Costituzione riguarda le cariche ministeriali e non è una tutela personale come la vecchia immunità, per questo motivo non è rinunciabile. “È la Costituzione che garantisce la carica e rende irrinunciabile questa sorta di immunità”, ha detto Nordio, invitando tutti a seguire la procedura costituzionale che prevede la valutazione della Giunta e poi del Parlamento per l’ultima parola.
Caso Almasri e le tensioni politiche
La vicenda di Usāma al-Maṣrī Nağīm, arrestato il 19 gennaio 2025 su mandato internazionale della Corte Penale Internazionale (CPI) per crimini di guerra e contro l’umanità, ha creato un acceso dibattito politico e giudiziario. La Corte d’Appello di Roma ha disposto la scarcerazione per “irritualità dell’arresto”, in quanto la procedura non è stata adeguatamente coordinata con il Ministero della Giustizia, titolare della richiesta secondo la legge 237/2012.
Dopo la scarcerazione, Almasri è stato espulso dall’Italia e rimpatriato in Libia, ma la vicenda ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati del ministro Nordio, insieme al presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e al sottosegretario Alfredo Mantovano, con l’accusa di favoreggiamento personale aggravato e rifiuto di atti d’ufficio aggravato.
Nordio ha commentato anche le reazioni delle opposizioni, definendole una “bagarre” provocata per sminuire l’importanza della vittoria della maggioranza nella riforma della giustizia. “In politica bisogna aspettarsi che chi perde cerchi di annacquare l’amarezza con una diversione”, ha osservato, precisando di non scandalizzarsi per tali strategie politiche.
Infine, il ministro ha espresso fiducia nel fatto che la schiacciante maggioranza ottenuta alla Camera per la riforma della giustizia verrà confermata anche al Senato e nel referendum, ribadendo che questa non è una sconfitta della magistratura, alla quale si sente ancora appartenere.
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