Ilaria Salis denuncia l’ignoranza dei diritti nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr) e chiede una lotta giuridica contro le deportazioni e la detenzione amministrativa
La recente sentenza della Corte di Appello di Torino rappresenta un momento cruciale nella lotta per i diritti dei migranti in Italia. L’eurodeputata Ilaria Salis, esponente di Alleanza Verdi e Sinistra (Avs), ha accolto con entusiasmo l’annullamento dell’ordine di trattenimento di un cittadino marocchino nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr) piemontese. Questo importante verdetto è stato emesso poiché l’individuo non era stato informato tempestivamente della possibilità di richiedere protezione internazionale, evidenziando una grave lacuna nel sistema di informazione sui diritti dei migranti.
L’importanza dell’informazione sui diritti
Salis ha dichiarato: “Durante le ispezioni nei Cpr ho incontrato numerose persone completamente ignare dei propri diritti”. Questa affermazione mette in luce una situazione allarmante: molti migranti, privati della libertà per il solo fatto di non possedere un permesso di soggiorno valido, non sono adeguatamente informati sulle procedure legali e sulle opportunità di protezione a cui avrebbero diritto. La Corte ha quindi riconosciuto che la mancanza di informazione costituisce una violazione dei diritti umani fondamentali.
Le condizioni nei Cpr
L’eurodeputata ha anche sottolineato come i Cpr siano segnati da un “abuso sistematico” che si consuma quotidianamente. Le condizioni di detenzione in questi centri, criticate da diverse organizzazioni per i diritti umani, pongono interrogativi sulla legalità e sull’etica di un sistema che detiene persone in attesa di espulsione, privandole di diritti fondamentali.
La necessità di riforme
Salis ha espresso la sua speranza che la battaglia per i diritti umani continui a progredire anche sul piano giuridico, oltre che attraverso l’azione politica e sociale. La sentenza della Corte di Appello rappresenta non solo un passo avanti per la giustizia individuale del cittadino marocchino, ma anche un segnale forte per tutti coloro che lottano contro il sistema della detenzione amministrativa e delle deportazioni, che spesso si dimostrano lesive dei diritti umani e politici.






