L’ex Primo Ministro italiano Matteo Renzi è stato ospite del podcast “One More Time di Luca Casadei”. Davanti al microfono il leader di Italia Viva ha raccontato la sua vita personale e professionale, spaziando dai suoi primi anni come arbitro di calcio e vincitore del programma televisivo La Ruota della Fortuna, fino alla sua ascesa politica e il periodo come Presidente del Consiglio. Vengono affrontati temi come il suo rapporto con la famiglia, inclusa la moglie Agnese e i figli, le difficoltà legate alle inchieste giudiziarie che hanno coinvolto i suoi genitori e le sfide del potere, come la gestione di crisi e il mancato referendum del 2016. Renzi parla apertamente del suo carattere, definendosi più “stronzo che cinico”, e riflette sulla fede, l’amore e la sua attuale percezione di benessere.
Matteo Renzi: una politica “a viso aperto”
“Sono molto più stronzo che cinico”, dice Renzi. Rifiuta l’appellativo di cinico, citando la definizione di Oscar Wilde secondo cui il cinico conosce il prezzo di tutto ma il valore di niente. Egli si vede come uno che combatte: se c’è un pallone, si ci butta sopra e colpisce forte il pallone, non la gamba. A Renzi piace essere così e afferma che, se litiga, lo fa a viso aperto, non di nascosto, dicendo le cose in faccia.
Riferendosi alle accuse di macchinazioni o manovre alle spalle, Renzi ribadisce di preferire agire “a viso aperto“, richiamando Farinata degli Uberti nel Canto X dell’Inferno di Dante. Ad esempio, ha affrontato l’ex Presidente del Consiglio, Conte, a Palazzo Chigi dicendogli che, se non avesse cambiato il PNRR, avrebbe fatto mancare il voto di fiducia, dichiarandolo apertamente in Parlamento.
Le Radici Familiari, Mike Bongiorno e l’arbitraggio
Matteo Renzi parla poi delle radici familiari: Nato a Firenze l’11 gennaio del 1975, è il secondo di quattro figli: Benedetta (la prima), lui stesso, Samuele (nato nell’83, pediatra oncologo che lavora in Canada dopo l’inizio della sua carriera politica) e Matilde (nata nell’84, un anno dopo Samuele, un po’ “per errore”). I suoi genitori si chiamano Tiziano e Laura, detta Lalla. La madre insegnava lettere e il padre educazione fisica, sebbene non fosse fisicamente prestante.
Il padre di Renzi decise di lasciare la scuola e il posto fisso per fare il rappresentante di commercio, un lavoro che ebbe alti e bassi. Renzi ricorda di aver vissuto momenti in cui la madre temeva di non riuscire a pagare il mutuo della casa. Questa esperienza lo portò a dirsi che non avrebbe mai rischiato come il padre, motivo per cui non ha mai amato l’idea di fare l’imprenditore, per paura di creare instabilità nel nucleo familiare.
Da giovane, aveva vinto 48 milioni e mezzo di lire (circa 20.000 euro di oggi, dopo le tasse) in gettoni d’oro partecipando a La Ruota della Fortuna di Mike Buongiorno. Non divenne il supercampione a causa di un errore nell’ultima puntata: disse “un mare di navi” invece di “un mare di neve”. Questa esperienza gli insegnò che la centralità della televisione risiedeva nelle telepromozioni, piuttosto che nella gara.
A 16 anni, iniziò l’esperienza da arbitro di calcio, che considera una delle più formative della sua vita. Da arbitro ha imparato tre cose fondamentali: Decidere in una frazione di secondo e con decisione; Reggere i commenti offensivi; Non sottovalutare mai le cose semplici. Il suo fallimento come arbitro fu attribuito proprio alla sottovalutazione di una partita Juniores regionale, che portò a un’assenza di promozione.
La chiamata di Napolitano
Renzi ha sempre amato la politica, ma non aveva mai immaginato di farne una carriera. Studiò Giurisprudenza per l’idea di lottare per una società più giusta, totalmente segnato da Falcone e Borsellino.
La transizione alla Presidenza del Consiglio avvenne nel febbraio 2014, in un momento in cui il PD spingeva per sostituire il Presidente del Consiglio in carica (Letta). Ricevette la telefonata del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano mentre stava giocando alla PlayStation a casa sua con i figli Francesco ed Emanuele (al gioco FIFA). Napolitano lo convocò per una cena al Quirinale il lunedì successivo.
Una delle decisioni più complesse fu quella relativa al trasferimento della famiglia. Renzi, dopo essersi informato sulle possibili residenze, propose alla moglie Agnese (che è insegnante della scuola pubblica) di trasferirsi a Roma. Agnese si oppose fermamente, dicendo: “Ci vai tu, io non vengo“. Riteneva fondamentale tutelare i figli (allora di 13, 11 e 8 anni) e il loro habitat a Pontassieve, proteggendoli dall’essere visti solo come “i figli del Presidente del Consiglio“. Renzi oggi ringrazia Agnese per aver salvato i figli e la famiglia.
Vivendo solo a Roma, Renzi poteva fare riunioni a qualsiasi ora, spesso le prime alle 6:30 o 7:30 del mattino a Palazzo Chigi. In quei mille giorni di governo, dormiva costantemente 4 ore a notte, recuperando con brevi sonnellini in macchina o in aereo. Ammette che dormire così poco era un errore. A Palazzo Chigi la sera non c’era “servitù”, e Renzi racconta di essersi cucinato mezzo chilo di pasta al burro da solo nella cucina dell’appartamento, leggendo le carte.
Anche nelle dinamiche internazionali più serie, Renzi dice di mantenere un lato umano. Durante una cena di Stato alla Casa Bianca nel 2016, invitato da Barack Obama, la discussione al tavolo tra Renzi, Agnese, Barack Obama e Michelle si concentrò sulla “PlayStation dei figli, con Agnese, Obama e Michelle che mi mettevano Renzi in minoranza“, giudicandolo esagerati nel giocare.
La Gestione delle Crisi e la Sconfitta del Referendum
La vita da Premier fu segnata da una dimensione di crisi costante. Renzi ricorda l’11 agosto 2016, quando il capo dei servizi lo avvisò di aver “perso” un potenziale terrorista che aveva pubblicato un post in arabo in cui annunciava la sua morte per quel giorno, inserendosi in un elenco di kamikaze. Renzi, in pieno esodo estivo, dovette gestire 12 ore di panico totale senza allertare il paese. Alla fine, il potenziale killer fu ritrovato ubriaco su una panchina.
La sconfitta del referendum del 4 dicembre 2016 fu un altro momento cruciale. Renzi seppe di aver perso la mattina stessa, quando gli exit poll indicavano un vantaggio incolmabile del “No”. Nonostante il parere di Mattarella e la telefonata di Angela Merkel (“Mi raccomando non ti dimettere“), Renzi si dimise come promesso, annunciando la decisione in conferenza stampa a mezzanotte con Agnese.
Dopo le dimissioni, si trovò senza un lavoro (si era dimesso da sindaco), non più parlamentare, e iniziò a subire l’abbandono di molte persone che prima gli erano vicine. Tornato alla taverna di casa a Pontassieve, suo figlio Emanuele gli disse: “Eh babbo, ma io qui ci sono io ora e te sei andato via“, rivendicando la scrivania.
Nonostante l’amarezza per la sconfitta, Renzi si sentiva “molto in pace con me stesso“. Accettare la perdita faceva parte del gioco. Inizialmente, faticò ad accettare che altri (come il successore Paolo Gentiloni) fossero al suo posto nei vertici internazionali. Afferma che non gli manca il potere inteso come “liturgia o cerimonia“, ma gli manca il potere come “possibilità di fare le cose“, la mentalità da sindaco (coprire una buca, risolvere un problema). Nonostante la fama di essere “cattivo e macchiavellico“, ammette di essere stato un po’ naif nel credere che gli “amici per sempre” credessero in quel legame.
Il periodo buio
Il periodo di “buio vero” non fu tanto politico, quanto personale, legato alle aggressioni giudiziarie. Renzi ricorda che i suoi genitori furono arrestati — un evento che, secondo lui, avvenne solo perché erano i suoi genitori, dato che sui presunti reati, per i quali sono stati poi assolti, non si sarebbero neanche interessati. L’obiettivo era far saltare i nervi, mettere la famiglia in difficoltà economica e distruggere la solidità del nucleo.
Durante il periodo in cui i giudici hanno indagato i “tre quarti della sua famiglia” (compresi Matilde e suo cognato), Renzi lesse personalmente le 94.000 pagine di atti, pagando 4.800€ con carta di credito per ritirarle. Ha denunciato i PM, vincendo ricorsi in Corte Costituzionale e Cassazione. Con i soldi vinti dalle querele, ha pagato la piscina di casa, come un promemoria di aver patito tanta ingiustizia e di essere uscito da un momento in cui “mi volevano far affogare“.
In uno dei momenti più difficili, quando gli comunicarono dell’arresto di entrambi i genitori (poi annullato dal Tribunale del Riesame), l’unica persona tra i politici a stargli vicino in modo commovente fu Silvio Berlusconi. Renzi ricorda una telefonata in cui Berlusconi, pur non avendo mai collaborato politicamente con lui, si mise a piangere dicendo: “La mamma no“.
Il Bilancio di Vita Attuale
Sul suo stato attuale, Renzi afferma che sta vivendo “uno dei periodi più belli” della sua vita. Nonostante non sia più un ragazzino, ha la possibilità di fare le battaglie in cui crede e di litigare con chi deve litigare. Pratica attività fisica, legge e si sente “pronto a fare anche forse l’ultima danza” in politica.
Sottolinea che i momenti in cui la “schifezza” sembrava sopraffarlo sono stati in realtà quelli che lo hanno reso più forte, felice e capace di “nuotare e di correre“. Ad oggi, dichiara: “non sono mai stato bene come adesso“.






