Milano, 15 novembre 2025 – È passato un anno della detenzione di Alberto Trentini, cooperante italiano arrestato in Venezuela il 15 novembre 2024, il cui caso continua a suscitare preoccupazione e amarezza da parte della famiglia e della società civile. Durante una conferenza stampa tenutasi oggi a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, sono emerse parole dure nei confronti dell’operato del governo italiano, accusato di non essersi impegnato a sufficienza per la liberazione del cooperante.
La rabbia della famiglia: “Per Alberto il governo si è mosso troppo poco”
Armanda Colusso, madre di Alberto, ha descritto con dolore il calvario vissuto in questi dodici mesi di detenzione. “Alberto ci è mancato e ci manca ogni giorno”, ha dichiarato, raccontando le difficoltà e le sofferenze patite dalla famiglia, tra notti insonni e l’assenza di notizie certe sulle condizioni del figlio. Ha ricordato come Alberto si sia perso momenti importanti della sua vita, come festività e incontri familiari, privazioni che pesano come un’ingiustizia difficile da accettare.

La signora Colusso ha anche sottolineato l’insoddisfazione nei confronti delle istituzioni italiane: “Fino ad agosto non c’è stato alcun contatto tra il nostro governo e quello venezuelano. Questo dimostra quanto poco si sono spesi per mio figlio.” Ha inoltre riferito che in un anno ha ricevuto solo tre telefonate dalla premier Giorgia Meloni e due incontri con il senatore Mantovano, con cui mantiene un costante dialogo.
Il caso Alberto Trentini: un impegno diplomatico ancora insufficiente
La situazione di Alberto Trentini è nota anche a livello internazionale. Dopo il fermo da parte del Servizio amministrativo per l’identificazione, la migrazione e gli stranieri (SAIME), Trentini è stato trasferito presso la Direzione generale del controspionaggio militare (DGCIM) di Caracas. La sua detenzione è stata confermata ufficialmente solo due mesi dopo l’arresto e finora le autorità venezuelane hanno risposto in modo scarso alle richieste di informazioni e assistenza.
La Commissione Interamericana per i Diritti Umani (CIDH) ha riconosciuto la gravità della situazione, concedendo misure cautelari e sollecitando la tutela della vita e dell’integrità personale di Trentini. Nonostante ciò, la famiglia denuncia l’assenza di progressi concreti e la mancanza di visite consolari o contatti diretti. Anche le iniziative della società civile italiana, tra flash mob e petizioni, non hanno ancora portato a risultati tangibili.
L’avvocata della famiglia, Alessandra Ballerini, ha esortato il Governo a trattare Alberto Trentini come un figlio proprio, impegnandosi con ogni mezzo possibile per la sua liberazione. La mobilitazione pubblica e la pressione diplomatica restano fondamentali per mantenere alta l’attenzione su un caso che mette in luce le difficoltà di tutela degli operatori umanitari all’estero e le sfide della cooperazione internazionale nei contesti più complessi.






