Il PD torna a chiedere al governo un segnale concreto in difesa del giornalismo d’inchiesta e della libertà di stampa, in seguito al grave attentato dinamitardo che ha danneggiato l’auto di Sigfrido Ranucci, noto giornalista e conduttore del programma Report, e quella di sua figlia. L’episodio, definito “allarmante” dal Presidente della Repubblica, ha riacceso il dibattito politico sulla tutela dei cronisti impegnati in inchieste scomode.
Le parole del PD sulla vicenda Ranucci e l’appello al governo
In una nota diffusa oggi, i capigruppo del Partito Democratico alla Camera e al Senato, Chiara Braga e Francesco Boccia, insieme a Nicola Zingaretti, capo delegazione Pd al Parlamento Europeo, hanno rivolto un appello al governo: “Invece di lanciare quotidianamente accuse all’opposizione e a Elly Schlein, questa maggioranza si preoccupi di governare. Né Schlein né il PD hanno mai parlato di mandanti per l’attentato a Sigfrido Ranucci, sul quale seguiamo attentamente il lavoro della magistratura sperando che faccia luce al più presto sui responsabili”.
I rappresentanti dem hanno sottolineato come la gravità dell’accaduto imponga una “forte reazione” e una maggiore tutela per il giornalismo d’inchiesta, definito “caposaldo della democrazia”. Dal 2023 l’Italia ha perso 8 posizioni nel rapporto di Reporters Sans Frontières sulla libertà di stampa, scivolando al 49° posto. Inoltre, il governo Meloni è stato criticato per aver ridimensionato il ruolo del giornalismo investigativo nella televisione pubblica, tentando anche di escluderlo dal contratto di servizio.
La richiesta di ritiro delle querele ai giornalisti
Il PD ha infine chiesto che, al di là della solidarietà espressa, il governo dia un segnale concreto e chieda “agli esponenti della maggioranza di ritirare le querele ai giornalisti d’inchiesta”. Un’azione ritenuta necessaria per garantire un clima più sereno e meno intimidatorio nei confronti degli operatori dell’informazione impegnati sul fronte delle inchieste.
L’attentato a Sigfrido Ranucci, sotto scorta dal 2021 dopo minacce mafiose, rappresenta un salto di qualità preoccupante nella tensione contro il giornalismo investigativo. Il caso è seguito con attenzione non solo dalla magistratura, ma anche dalla politica, che si trova chiamata a rispondere con misure concrete di tutela della libertà di stampa in Italia.






