Roma, 20 agosto 2025 – Il recente caso del gruppo Facebook “Mia Moglie”, rimosso soltanto dopo una denuncia pubblica e segnalazioni alle autorità, ha riportato all’attenzione il problema della violenza digitale strutturale e della sua radicata connessione con la cultura patriarcale e del dominio maschile. A intervenire con una nota è stata Roberta Mori, portavoce nazionale della Conferenza delle Donne Democratiche, che ha definito questo episodio come un segnale di un fenomeno ben più ampio e preoccupante.
Violenza digitale e cultura dello stupro: il caso del gruppo “Mia Moglie”
La vicenda del gruppo Facebook “Mia Moglie”, dove venivano condivisi contenuti lesivi della privacy e della dignità di donne senza il loro consenso, è stata definita da Mori come una forma di violenza digitale che non può essere sottovalutata o tollerata. L’esposizione di corpi e vite private senza autorizzazione è da considerarsi una vera e propria forma di abuso e violenza sessuale, con un confine molto labile tra virtuale e fisico, come dimostra il caso emblematico di Gisèle Pelicot, vittima per dieci anni di uno stupro reiterato e documentato, iniziato proprio nell’ambito di un gruppo online simile a “Mia Moglie”.
Le piattaforme digitali, sottolinea la portavoce del PD, hanno una responsabilità precisa: devono intervenire tempestivamente per rimuovere i contenuti illegali e proteggere la privacy delle persone coinvolte, in linea con le norme europee e le linee guida del Garante della Privacy. La mancata applicazione di queste misure rende complici di una cultura dello stupro ancora troppo radicata nella società.
Il caso Pelicot e il dibattito sulla violenza contro le donne
Il processo per gli stupri di Mazan, conclusosi a dicembre 2024 con la condanna di 51 imputati tra cui il marito della vittima Dominique Pelicot, ha scosso profondamente l’opinione pubblica francese e internazionale. Per circa dieci anni, Gisèle Pelicot è stata drogata e violentata da decine di uomini, conosciuti online dal marito, che ha documentato sistematicamente gli abusi in migliaia di foto e video. Questo caso ha messo in luce la banalità dello stupro e la pericolosità delle dinamiche di dominio maschile che si riverberano anche nel mondo virtuale.
Roberta Mori ha ribadito la necessità di un impegno comune di istituzioni, società civile e piattaforme digitali per combattere la cultura dello stupro in tutte le sue forme, anche quelle che si manifestano online. Ha inoltre evidenziato l’importanza di un processo di autocoscienza maschile che, ad oggi, fatica a consolidarsi in un movimento collettivo di liberazione, ma che rappresenta una strada fondamentale per la prevenzione e il contrasto della violenza maschile strutturale.
Per approfondire: Meta chiude il gruppo Facebook “Mia Moglie”: pubblicavano foto delle partner senza consenso






