Roma, 11 agosto 2025 – È una fase particolarmente delicata per la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL), il principale sindacato italiano guidato da Maurizio Landini. Come riposta Il Giornale, tra ottobre 2024 e agosto 2025, si è registrata una consistente ondata di disdette da parte degli iscritti, con ben 45mila lavoratori che hanno deciso di lasciare il sindacato in meno di un anno. Questo fenomeno rappresenta un segnale di forte malcontento interno e solleva interrogativi sul futuro dell’organizzazione sindacale più grande d’Italia.
L’emorragia di iscritti alla Cgil: dati e cause
Dal 16 ottobre 2024 all’8 agosto 2025, la CGIL ha visto una media negativa di circa 5mila iscritti al mese. Le richieste di disdetta sono state inviate in modo omogeneo da quasi tutte le regioni italiane, senza riguardare un’area geografica specifica. La motivazione principale dietro questa fuga è legata alla crescente insoddisfazione verso la linea politica assunta dalla segreteria guidata da Landini, ritenuta troppo politicizzata e distante dalle istanze concrete dei lavoratori.
La svolta “anti-Meloni” e l’impegno del sindacato su temi più politici che sindacali hanno creato una frattura con la base, che preferirebbe un ritorno alla centralità delle questioni lavorative tradizionali. Landini, che dal 2019 è segretario generale della CGIL, è infatti sempre più proiettato verso un futuro politico, abbandonando progressivamente il ruolo di negoziatore sindacale puro.
A conferma di questa situazione, la fronda critica alla gestione Landini è rappresentata dalla sigla autonoma Cgl (Come Gestire i Licenziamenti), fondata da ex dirigenti della CGIL espulsi nel 2017 per le loro posizioni dissidenti. Il loro portale ha attivato un servizio digitale che permette ai lavoratori di formalizzare con facilità la disdetta dall’iscrizione, accelerando così il fenomeno di abbandono.
Impatti economici e organizzativi
La perdita degli iscritti ha un impatto diretto anche sulle finanze della CGIL. La casa editrice Futura Srl, controllata dalla galassia sindacale, ha chiuso il 2024 con una perdita di quasi 5 milioni di euro, aggravata da un fatturato in continua contrazione, sceso sotto i 3 milioni. Nonostante un recente aumento di capitale, le riserve patrimoniali sono ormai esigue e la chiusura dell’attività nel 2025 non è esclusa senza nuovi apporti finanziari da parte delle federazioni interne.
Questa crisi economica riflette la difficoltà generale del sindacato nel mantenere la propria struttura e la propria capacità operativa, soprattutto in un contesto di crescente disaffezione degli iscritti. La segreteria di Corso d’Italia a Roma è impegnata a gestire un flusso continuo di lettere di disdetta, che rappresentano un vero e proprio campanello d’allarme.
Il profilo e le sfide di Maurizio Landini
Maurizio Landini, nato nel 1961 a Castelnovo ne’ Monti, è stato segretario generale della FIOM dal 2010 al 2017 prima di assumere la guida della CGIL nel 2019. Storico sindacalista, noto per un approccio populista e per il suo impegno nelle battaglie operaie, ha progressivamente trasformato la CGIL in una sorta di partito di opposizione, concentrandosi su tematiche politiche ampie quali giustizia, autonomia, Palestina e costi della politica.
Negli ultimi anni, la sua leadership si è caratterizzata per il fallimento di iniziative come la battaglia sul referendum sul lavoro e per un crescente distacco dal tradizionale ruolo sindacale. Dal 2019 al 2023, la CGIL ha perso complessivamente 177mila iscritti, nonostante Landini abbia recentemente annunciato un presunto aumento di 22mila iscritti nel biennio 2023-2024, senza però menzionare le numerose disdette.
Il futuro del sindacato appare quindi segnato da una profonda crisi di identità e consenso, con la leadership chiamata a riconciliare le esigenze della base e a ridefinire la propria strategia in un’Italia che cambia.






