Roma, 9 ottobre 2025 – Dopo il voto dell’Aula della Camera dei Deputati sul Caso Almasri, la premier Giorgia Meloni ha lasciato l’Aula poco dopo la conclusione della votazione che ha visto la Camera respingere la richiesta di autorizzazione a procedere in giudizio nei confronti dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.
Il voto dell’Aula e la posizione della premier
La votazione, svolta in modalità segreta, ha visto una netta maggioranza favorevole a negare l’autorizzazione a procedere: per Mantovano i sì sono stati 252 contro 112 no; per Nordio 251 sì e 117 no; per Piantedosi 256 sì e 106 no. La decisione segue la proposta della Giunta delle Autorizzazioni che già il 30 settembre aveva espresso parere contrario alla richiesta avanzata dal Tribunale dei ministri.

Alla Camera, i banchi del governo erano quasi al completo, con la presenza dei ministri coinvolti e di vari esponenti della maggioranza, compresa la stessa premier Meloni, la quale ha voluto manifestare con la sua presenza un segnale di sostegno all’operato del governo in questa delicata vicenda.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha commentato la votazione dichiarandosi soddisfatto del risultato, che ha superato le aspettative numeriche della maggioranza parlamentare. Nordio ha sottolineato come anche “alcuni dell’opposizione vi sia una riluttanza ad affidare alle procure competenze che dovrebbero essere squisitamente politiche”. Il guardasigilli ha inoltre auspicato che il “capitolo Bartolozzi”, riferito alla sua capo di gabinetto indagata per false dichiarazioni relative al caso, si chiuda rapidamente e senza ulteriori strascichi.
Il contesto del caso Almasri
Il caso riguarda la gestione dell’arresto e del successivo rilascio di Osama Elmasri Njeem, generale libico accusato di gravi crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nel carcere di Mitiga a Tripoli a partire dal 2015. Almasri era stato arrestato in Italia lo scorso gennaio su mandato della Corte penale internazionale (CPI), ma la Corte d’Appello di Roma aveva disposto la sua scarcerazione per vizi procedurali, in particolare per l’irritualità dell’arresto e per la mancata preventiva autorizzazione da parte del Ministero della Giustizia, come previsto dalla legge 237/2012 che disciplina i rapporti con la CPI.
Poco dopo il suo rilascio, il comandante libico è stato rimpatriato dall’Italia su un volo di Stato, prima di essere portato in trionfo da decine di suoi sostenitori che lo hanno accolto festanti. La vicenda ha suscitato un acceso dibattito in Parlamento, con interventi critici da parte delle opposizioni, che hanno denunciato una gestione poco trasparente e un danno alla credibilità internazionale dell’Italia. La maggioranza, invece, ha sostenuto che i ministri e il sottosegretario hanno agito nell’interesse pubblico e nel rispetto delle leggi.






