Roma, 13 novembre 2025 – Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha annunciato un progetto ambizioso per affrontare il drammatico problema del sovraffollamento carcerario in Italia, che vede una significativa presenza di detenuti stranieri. Intervenuto alla cerimonia per il 50° anniversario della legge sull’ordinamento penitenziario, Nordio ha illustrato l’intenzione di far scontare ai migranti parte della pena nei loro Paesi di origine.
Un piano per la deflazione carceraria attraverso accordi internazionali
Il ministro ha sottolineato che i detenuti stranieri costituiscono circa la metà della popolazione carceraria italiana e che, qualora si riuscisse a ottenere anche solo una riduzione del 10% di questa quota, si compirebbe un importante passo avanti nella deflazione carceraria. Il governo sta lavorando a una serie di accordi bilaterali con Stati africani, tra cui Marocco, Tunisia, Nigeria ed Egitto, per consentire la detenzione nei Paesi d’origine di chi è stato condannato in via definitiva in Italia. Questo piano, collegato alla cosiddetta “roadmap Mattei” di investimenti e cooperazione allo sviluppo, mira anche a contrastare i flussi migratori irregolari e i traffici di esseri umani.
La strategia si basa su precedenti intese già siglate con Albania e Romania e prevede un complesso lavoro diplomatico e giuridico, con particolare attenzione al rispetto dei diritti umani, per evitare sanzioni da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e della Corte di Giustizia europea.

Sovraffollamento e suicidi in carcere: le parole di Nordio
Nel suo intervento, Nordio ha anche affrontato il tema dei suicidi tra i detenuti, spiegando che questi non sono legati al sovraffollamento, ma piuttosto alla solitudine e alla mancanza di speranza, soprattutto tra chi si avvicina alla liberazione. Paradossalmente, ha evidenziato, il sovraffollamento può fungere da controllo reciproco tra detenuti, prevenendo alcuni tentativi di suicidio. Tuttavia, il sovraffollamento favorisce l’aggressività, un’altra emergenza che grava sulle strutture penitenziarie italiane.
Nordio ha inoltre annunciato l’avvio di un protocollo con cooperative esterne per la gestione dei detenuti negli ultimi sei mesi di pena, un’iniziativa che mira a liberare gli istituti carcerari e a ridurre i costi legati alla detenzione, stimati in circa 141 euro al giorno per detenuto.
Il ministro, in carica dal 2022 e con una lunga esperienza come magistrato, è impegnato a riformare il sistema penitenziario italiano in un’ottica di efficienza e rispetto dei diritti, mantenendo attenzione anche alla formazione e al reclutamento di nuovo personale giudiziario, indispensabile per affrontare le sfide del settore.
La riforma della giustizia: equilibrio e responsabilità
Il ministro ha spiegato che la riforma punta a valorizzare maggiormente la figura dell’avvocato nei processi, soprattutto in quelli penali, dove si intende ristabilire un equilibrio tra pubblico ministero e difesa, ponendoli sullo stesso piano. Un cambiamento che, secondo Nordio, contribuirà a rendere il sistema più giusto e trasparente.
Un altro punto cardine della riforma riguarda l’istituzione di una corte disciplinare svincolata dal gioco delle correnti interne alla magistratura. Questo organo sarà formato tramite sorteggio e intende contrastare la prassi consolidata che vede, a detta del Guardasigilli, una “giustizia domestica” in cui le correnti si accordano per proteggere i propri iscritti. La novità normativa, quindi, mira a responsabilizzare i magistrati e a garantire una gestione più indipendente e trasparente delle questioni disciplinari.
Nordio ha inoltre precisato che la riforma non ha alcun intento punitivo nei confronti della magistratura, né si configura come una “revanche” della politica. Anzi, ha sottolineato che la magistratura ha sempre svolto il proprio dovere senza mai aggredire la politica, la quale, in alcuni casi, si sarebbe ritirata lasciando un vuoto colmato proprio dai magistrati.
A margine dell’evento, il ministro ha risposto anche alle polemiche suscitate dalla citazione delle frasi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sulla separazione delle carriere, invitando a non strumentalizzare le parole dei grandi magistrati antimafia. “La storia è storia – ha detto Nordio – basta rileggere le carte, le interviste, le dichiarazioni per comprendere il loro pensiero autentico”.
Nordio aperto al dialogo tecnico con l’Anm
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, si è dichiarato fin da subito disponibile a un confronto diretto con il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), Cesare Parodi, in merito al referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati. Il confronto, però, appare ad oggi in forte dubbio, dopo la decisione di Parodi di non partecipare a un duello televisivo con Nordio, scelta motivata dalla volontà di evitare ogni politicizzazione del referendum.
Durante un evento alla Camera dei Deputati, il Guardasigilli ha sottolineato l’importanza di spiegare le ragioni tecniche della riforma senza che essa venga percepita come punitiva nei confronti della magistratura. Nordio ha ribadito la disponibilità a uno o più confronti, indicando come interlocutore privilegiato proprio il presidente Parodi, ma lasciando aperta la possibilità di dialogare anche con altri rappresentanti qualificati dell’Anm. “È singolare dire di non volersi presentare a un confronto per evitare di politicizzare un referendum che non deve affatto essere politicizzato ma mantenuto nell’ambito tecnico costituzionale e giuridico”, ha dichiarato il ministro.
Presidente Anm rinuncia al confronto televisivo
Il presidente dell’Anm, Cesare Parodi, ha comunicato in apertura della giunta del sindacato delle toghe la decisione di non accettare la sfida televisiva con Nordio, prevista per fine novembre su Porta a Porta o SkyTg24. Parodi ha spiegato che la contrapposizione mediatica rischierebbe di alimentare un’immagine fuorviante di scontro politico tra governo e magistratura, cosa che non corrisponde alla realtà. Pur riconoscendo l’importanza del confronto, ha evidenziato la priorità di mantenere il dibattito entro i confini tecnici e costituzionali, tutelando così il clima istituzionale in vista del voto referendario previsto tra marzo e aprile 2026.
L’Anm ha inoltre costituito un proprio comitato per il No, guidato dal costituzionalista Enrico Grosso, che però il ministro Nordio non ha accettato come interlocutore. Il referendum sulla separazione delle carriere rappresenta un passaggio delicato per il sistema giudiziario italiano, sul quale si registra un acceso dibattito tra maggioranza e rappresentanti della magistratura associata. Il governo punta a un voto separato dalle altre competizioni elettorali, per evitare strumentalizzazioni politiche e favorire un dibattito tecnico sul merito della riforma.






