Un acceso confronto è emerso ieri in piazza Santi Apostoli, nel cuore della Capitale, durante una manifestazione organizzata a sostegno degli ebrei italiani e contro l’antisemitismo. Dal palco è intervenuto il Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ha denunciato una profonda alterazione della memoria storica riguardante la Shoah e il confronto con la Nakba palestinese.
Il Rabbino capo di Roma: Shoah e Nakba, una memoria “completamente sovvertita”
Il Rabbino Di Segni ha richiamato l’attenzione sulla pericolosa confusione tra Shoah e Nakba, fenomeni storici distinti che non possono essere equiparati. “Filologicamente, le parole hanno lo stesso significato, ma la Shoah è qualcosa di unico, mentre la Nakba rappresenta la tragedia dei palestinesi durante la guerra del 1948”, ha spiegato Di Segni. Ha ricordato inoltre che in quel periodo contemporaneamente circa 800 mila ebrei furono costretti all’esilio dai paesi arabi.
“Si cerca di mettere le cose allo stesso piano per liberarsi dal complesso di colpa della Shoah vera”, ha aggiunto, sottolineando la manipolazione storica in atto. Il rabbino ha denunciato anche come questa distorsione si rifletta nella società contemporanea, citando episodi inquietanti come la presenza di scuole elementari a Roma dove i bambini giocano con barchette della Flotilla, simbolo di una narrazione politica controversa.
Il peso della memoria e il rischio della negazione
Dal palco, Di Segni ha ricordato il drammatico episodio del rastrellamento del Ghetto di Roma, avvenuto proprio nella zona di piazza Santi Apostoli il 16 ottobre 1943, quando i nazisti deportarono un’intera famiglia. “Ogni luogo ci parla di questi drammatici temi ma sembra che la memoria sia stata completamente sovvertita”, ha ammonito.
Ha inoltre criticato la recente cerimonia commemorativa al collegio militare, dove invece dei nomi delle vittime venivano proiettate immagini con commenti antisemiti e negazionisti. Il Rav Di Segni ha affermato con forza che “la maschera è caduta: si passa dall’orrore per la Shoah a scrivere che Hitler non ha finito il lavoro”, segno di una recrudescenza dell’odio antisemita che va contrastata con fermezza.






