La violenza di genere resta una delle emergenze sociali più gravi in Italia. Se ne parla soprattutto quando la cronaca si conclude con un femminicidio, ma le radici del problema affondano molto prima: nel linguaggio, nella cultura e nelle relazioni quotidiane.
A ricordarlo ai microfoni di Newzgen è Bianca Hirata, co-fondatrice e direttrice creativa di Donnexstrada, realtà nata per sostenere le donne vittime di violenza e promuovere la sicurezza negli spazi pubblici.
“Il femminicidio è solo l’apice”
Secondo Hirata, la comunicazione politica e mediatica influisce direttamente sui comportamenti sociali. Un linguaggio aggressivo e poco rispettoso non resta confinato ai palazzi o alle prime pagine, ma filtra nella vita di tutti i giorni. La sua generazione, racconta, ha visto emergere temi come salute mentale, molestie e relazioni, ma persistono dinamiche di abuso che vengono considerate “normali” da troppo tempo.
“Il femminicidio è la punta dell’iceberg – spiega – Sotto c’è un universo fatto di violenze verbali, economiche, relazionali. Fermarsi, ascoltarsi e trovare soluzioni concrete è l’unico modo per andare oltre rabbia e protesta“.
Hirata, i rapporti difficili con le istituzioni
Donnexstrada nasce da una call to action spontanea, dalla consapevolezza che non si poteva più aspettare il sostegno delle istituzioni. I social hanno offerto visibilità e la possibilità di creare rete. Un primo finanziamento ottenuto grazie alla legge di bilancio ha permesso di strutturare il progetto, ma poi è arrivato il silenzio.
“Le istituzioni ci riconoscono solo quando diventiamo virali – denuncia Hirata – Manca una continuità, e questo è frustrante. Il nostro lavoro è quotidiano, riguarda tutto il Paese e intercetta bisogni diversi da città a città“.
Una comunicazione pop contro gli stereotipi
Fin dall’inizio, Donnexstrada ha scelto un linguaggio diverso: pop, fresco, non giudicante. Una scelta non sempre capita, tanto che in molti le accusavano di essere “troppo fashion”. Ma Hirata rivendica questa identità: “La comunicazione è parte della lotta. Non vogliamo l’immagine stereotipata della donna con i lividi. Non vogliamo raccontare solo chi muore, ma anche chi sopravvive“.
I “titoli al contrario” e l’impatto sulla narrazione
Tra le iniziative più note dell’associazione ci sono i “titoli al contrario”, che ribaltano le narrazioni tossiche dei media. Frasi come “Ragazzo stuprato in branco: era solo una bravata tra amiche” o “Donna picchia il fidanzato: era vestito troppo provocante” generano un riso amaro, ma mettono in evidenza la distorsione quotidiana con cui si raccontano i casi di violenza.
“Una donna che legge titoli normalizzanti perde la forza di denunciare – sottolinea Hirata – Per questo servono nuove narrazioni: bisogna raccontare le sopravvissute, non solo le vittime“.
Empatia e comunità
Un altro nodo cruciale è l’empatia, spesso assente fino a quando il problema non tocca da vicino. Molti uomini, osserva Hirata, iniziano a riflettere sulla violenza solo quando diventano padri di una figlia. “La comunicazione deve servire a generare vicinanza prima, non dopo. Donnexstrada nasce proprio per creare comunità e risposte immediate. Nessuna donna deve sentirsi sola di fronte al problema“.
Unire le energie per cambiare davvero
Oggi Donnexstrada è presente su tutti i social, sempre pronta a rispondere in tempo reale. È possibile sostenere l’associazione con donazioni attraverso il sito o partecipando a eventi come i Punti Viola e le iniziative del 25 novembre.
“La nostra forza è unire energie diverse – conclude Hirata – Solo così possiamo fare la differenza“.
L’esperienza di Donnexstrada dimostra che la violenza di genere non può essere ridotta a un fatto di cronaca. Servono nuove narrazioni, un linguaggio rispettoso e un cambiamento culturale e istituzionale. Solo costruendo comunità dal basso è possibile offrire strumenti e soluzioni che incidano davvero sulla vita quotidiana.






