Angelo Famao è tornato con Ricominciamo, il nuovo singolo che affronta un tema delicato: il perdono dopo un tradimento. Una storia intensa, ma non autobiografica. “Parla di due ragazzi che stanno insieme da una vita” spiega l’artista ai microfoni di Newzgen. “Lui sbaglia, lei lo scopre, ma l’amore è così forte da spingerla a perdonarlo”.
La scelta del titolo è legata alla cultura siciliana: “Da noi il tradimento è considerato una mancanza di rispetto enorme. È un gesto che lascia il segno”.
Un racconto che conferma la cifra stilistica di Famao: romantico, diretto, popolare – in senso autentico.
“Non sono napoletano, ma il napoletano è diventato un genere che può cantare chiunque”
È siciliano, viene da Gela, ma è identificato come uno dei volti della musica neomelodica. Un paradosso? Non proprio.
“Oggi il napoletano è un genere a sé” racconta Famao. “Lo possono cantare tutti: siciliani, calabresi, romani. Io uso un napoletano semplice, comprensibile, che permette a chiunque di canticchiare i miei pezzi. È stato fondamentale per arrivare a un pubblico più ampio”.
Un processo che ha trasformato “Tu si a fine do’ munno” in un fenomeno da quasi 150 milioni di visualizzazioni, un brano che continua a crescere.
“Quella canzone non si è mai fermata” sorride. “Ogni giorno fa più numeri del precedente. La gente la dedica, la canta, la vive. È questo il segreto”.
Dai sacrifici a Gela ai palchi da 10.000 persone
La sua storia non è fatta di scorciatoie. Gela non era certo il centro della discografia italiana.
“A Gela non c’era niente: nessuno studio, nessun artista vicino. Dovevo spostarmi per registrare, arrangiare, incontrare produttori” racconta.
Poi è arrivata Catania, poi i primi numeri, poi i live – ed è lì che tutto è cambiato.
“Il momento in cui capisci davvero di avercela fatta è quando ti trovi davanti a 10.000 persone che urlano le tue canzoni. YouTube si può gonfiare. Spotify pure. Il palco no. Il palco non mente”.
Violenza di genere: “Ho scritto Zoe per dire ciò che molti non hanno il coraggio di dire”
Il suo impegno sociale parte da una storia terribile: una ragazza di 16 anni abusata in Sicilia.
“Da siciliano e da artista seguito dai giovani, non potevo rimanere in silenzio” spiega. È nata così Zoe, canzone-denuncia che ha poi portato l’artista a un tour nelle scuole.
“Il problema nasce quando ai ragazzi non si insegna cos’è il consenso. Se un ragazzo pensa che tutto quello che vuole gli spetti, allora nasce la violenza. È lì che bisogna lavorare”.
Parole dure, dirette, che hanno avuto una risonanza fortissima online.
Il ritiro dall’Isola dei Famosi: “Dopo due giorni volevo già andarmene”
La parentesi televisiva è durata poco, appena nove giorni, ma è rimasta un argomento molto discusso. Famao non può dire tutto, ma lascia intendere molto.
“Dopo due giorni me ne volevo già andare. C’erano situazioni che non mi andavano bene. Ho resistito nove giorni, ho perso nove chili. Non potevo più restare”.
Un racconto che aggiunge un tassello alla narrazione di un artista diretto, senza filtri, fedele a sé stesso.
Un successo senza confini, nato tra Sicilia, Napoli e la vita reale
La musica di Angelo Famao continua a correre, senza etichette né confini:
– parla di amore, ma anche di dolore;
– nasce in Sicilia, ma vola con una lingua napoletana “pop”;
– cresce online, ma trova la sua verità nei live;
– entra nel dibattito civile, contro la violenza di genere.
Ed è questo che lo rende un artista trasversale, generazionale, riconoscibile.
Come dice lui: “Il vero successo non è il numero. È quando sei davanti a 10.000 persone che sono lì solo per te”.
