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Vivere su Marte è possibile? La debolezza magnetica è il nemico. I dati di ESCAPADE sveleranno se l’umanità sopravvivrà al “meteo spaziale”.

by Administrator
6 Novembre 2025

La NASA si prepara a scrivere un nuovo capitolo della corsa allo spazio, e questa volta il palcoscenico è condiviso: due sonde gemelle dirette verso Marte, un razzo privato enorme e un obiettivo chiaro, capire davvero come il Pianeta Rosso ha perso la sua atmosfera e se, un domani, potremo viverci. Sembra fantascienza, e invece è la missione ESCAPADE, un progetto che mette insieme ricerca scientifica e ambizioni industriali, puntando tutto sulla collaborazione con Blue Origin, l’azienda di Jeff Bezos. Sabato, dalla Florida, partirà il secondo volo del poderoso New Glenn, un razzo che fino a ieri era solo un progetto ambizioso e che ora deve dimostrare di essere pronto per il grande gioco, quello che porta sonde e, un giorno, esseri umani oltre la Terra.

Perché questa missione è così importante per Marte e per il futuro delle agenzie spaziali

La missione ESCAPADE — nome esteso Escape and Plasma Acceleration and Dynamics Explorers, non proprio facilissimo da ricordare — nasce con una domanda che perseguita gli scienziati da decenni: come ha fatto Marte a perdere la sua atmosfera? Che ne è stato di quel mondo che, miliardi di anni fa, poteva ospitare acqua liquida, e forse anche vita?

Le due sonde, costruite da Rocket Lab e soprannominate Blue e Gold in onore dell’Università di Berkeley, studieranno un fenomeno cruciale: l’interazione tra vento solare e campo magnetico marziano. Marte non ha un campo magnetico forte come la Terra, e la teoria è che questa debolezza abbia permesso alle particelle cariche provenienti dal Sole di “spazzare via” l’atmosfera, lasciandolo arido e gelido come lo vediamo oggi.

Il passaggio interessante? Alcuni studi suggeriscono che un campo magnetico debole potrebbe essere addirittura peggio di non averlo affatto, perché crea corridoi magnetici dove gli ioni atmosferici scappano nello spazio. Insomma, non bastano le protezioni naturali se non sono forti abbastanza.

Le sonde trascorreranno 22 mesi di viaggio, arrivando su Marte nel 2027, per poi prendere orbite complementari: prima una dietro l’altra, poi su piani diversi, così da “osservare” il pianeta contemporaneamente da punti differenti. Un po’ come avere due occhi invece di uno — solo che, qui, gli occhi stanno scrutando un pianeta milioni di chilometri lontano. Questo approccio darà una visione tridimensionale dell’evoluzione della magnetosfera marziana, e le informazioni raccolte saranno fondamentali anche per missioni umane future, perché, prima di mandarci qualcuno, dobbiamo essere certi di poterlo proteggere dal meteo spaziale.

Il momento della verità per Blue Origin: New Glenn alla prova dei fatti

Se sul piano scientifico ESCAPADE è già un successo, dal punto di vista industriale questa missione è un vero esame di maturità. Blue Origin, dopo anni di sviluppo e qualche critica, si gioca credibilità e futuro.

Il razzo New Glenn, alto circa 98 metri, ha volato per la prima volta a gennaio ma ha perso il booster nel tentativo di atterraggio. Stavolta Bezos e il suo team vogliono fare tutto: lanciare, operare e recuperare il booster, come ormai fa SpaceX da anni. La NASA osserva attentamente, perché due lanci riusciti sono il requisito per ottenere contratti militari miliardari e posizionarsi tra i player principali dello spazio moderno.

Il 30 ottobre, New Glenn ha superato un test chiave: accensione statica di 22 secondi al 100% di spinta, con tutti e sette i motori BE-4 che hanno risposto correttamente, simulando anche la fase finale del rientro. Un passo tecnico complicato, che ora deve trasformarsi in successo operativo, con un booster che torna sulla nave Jacklyn pronto a essere riutilizzato.

In sintesi, mentre le sonde cercheranno risposte nel passato di Marte, il New Glenn vuole urlare al mondo che il futuro dello spazio è anche privato, competitivo, e non più dominato solo dalle agenzie governative.

I prossimi anni saranno decisivi: con Artemis, SpaceX, Rocket Lab, Blue Origin e la stessa NASA, stiamo entrando nell’era della corsa allo spazio 2.0, dove non si corre solo per arrivare su Marte… ma per restarci.

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