Nella giungla delle relazioni moderne c’è una parola che sembra descrivere meglio di tutte un fenomeno sempre più diffuso: situationship. Non è un fidanzamento vero e proprio, ma nemmeno un’avventura occasionale o una semplice amicizia con benefici. È una zona grigia, un “stiamo insieme ma non troppo”, che ha conquistato Millennials e Gen Z e che, sempre più spesso, coinvolge anche chi ha superato i quarant’anni. Il termine nasce dalla fusione di situation e relationship ed è esploso nel 2017 grazie a un articolo della giornalista Carina Hsieh su Cosmopolitan, fino a entrare tra le parole dell’anno dell’Oxford University Press. Un segnale chiaro: non si tratta di una moda passeggera, ma di un cambiamento profondo nel modo di vivere i legami affettivi.
La vita a metà delle situationship: intimità senza progettualità
Le situationship spesso nascono online, tra app di dating e social network. Ci si scrive con costanza, ci si vede quando capita, si condividono emozioni profonde e momenti di grande intimità. Ma restano fuori tutto il resto: amici, famiglia, piani per il futuro.
La relazione esiste, si sente, ma non prende mai davvero forma. È intensa, ma sospesa. Vive di presente, evitando accuratamente qualsiasi discorso che possa trasformarla in qualcosa di definito.
Le “bandierine rosse” dell’amore senza etichette
Il fascino della situationship sta nella sua leggerezza apparente: niente vincoli, niente promesse, solo il piacere del momento. Eppure, proprio questa ambiguità nasconde spesso segnali che raccontano una realtà più complessa.

Il primo campanello d’allarme è l’impossibilità di dare un nome al rapporto. Parlare di “noi” diventa un tabù, come se bastasse una parola di troppo per far crollare tutto. A questo si aggiunge una precarietà costante: la relazione può finire da un giorno all’altro, talvolta senza spiegazioni, nel silenzio improvviso del ghosting.
C’è poi l’assenza totale di ufficialità. Non si è mai una coppia agli occhi degli altri, non si entra nelle rispettive vite quotidiane. Il legame resta confinato in una bolla privata, protetta ma fragilissima.
Quando l’equilibrio emotivo si spezza
Uno dei rischi maggiori è il dislivello emotivo. Può accadere che uno dei due inizi a legarsi di più, senza riuscire a dirlo apertamente. In questo spazio ambiguo possono insinuarsi dinamiche sottili e dannose.
Il breadcrumbing – piccoli segnali d’affetto dati col contagocce – tiene l’altro agganciato senza mai offrire certezze. Il gaslighting può portare a dubitare delle proprie percezioni, mentre l’alternanza tra freddezza e improvvise esplosioni di passione crea un rinforzo intermittente che alimenta dipendenza emotiva. Così, quella che doveva essere una relazione “senza complicazioni” diventa terreno fertile per insicurezze e sofferenze.
La leggerezza che finisce per pesare
Sulla carta, la situationship promette il meglio dei due mondi: libertà e intimità, divertimento senza responsabilità. Per alcuni può funzionare, soprattutto come reazione a storie soffocanti o in momenti in cui il bisogno di autonomia è prioritario.
Ma quando i desideri non coincidono – uno cerca stabilità, l’altro resta nel limbo – la leggerezza si trasforma in zavorra. E ciò che sembrava spensierato diventa una fonte di ansia, frustrazione e dolore emotivo.
Situationship e non solo: le relazioni nell’era dell’iperconnessione
Il successo della situationship racconta molto della nostra epoca. Viviamo in un contesto di incertezza economica, precarietà lavorativa e iperconnessione continua. Le relazioni rispecchiano questa instabilità: tante possibilità, infinite alternative, pochissime scelte definitive.
Le app di dating e i social amplificano l’idea che ci sia sempre “qualcuno di meglio” a portata di swipe. Ma se tutto è accessibile, diventa sempre più difficile scegliere. E ancora più difficile restare.
Restare o andare via: una scelta personale
La situationship non è necessariamente sbagliata. Può essere un’esperienza libera e consapevole, se entrambe le persone condividono le stesse aspettative. Diventa un problema quando si trasforma in un rifugio dall’impegno o in un compromesso che genera sofferenza.
Gli esperti invitano ad ascoltarsi, anche con il supporto di un percorso psicologico, per capire cosa si desidera davvero da una relazione. Perché spesso il nodo non è l’altro, ma la nostra difficoltà ad accettare un amore che richieda chiarezza e responsabilità.
Un amore sospeso: la situationship è il simbolo del nostro tempo
Forse la situationship è lo specchio di un’epoca che teme le definizioni e si rifugia nell’indeterminatezza per paura di scegliere. Non necessariamente un errore, ma una fase, un passaggio in cui si sperimenta e si impara.
Eppure la sfida resta immutata: trovare qualcuno che non abbia paura di fermarsi. Perché, anche nell’era degli amori liquidi, il desiderio più antico continua a essere lo stesso: non solo amare, ma sapere di essere amati.






