Roma sorprende anche d’estate: dove stendersi al sole senza piscina né mare: terrazze segrete, orti storici e laghi urbani per una tintarella in città
Tra i grattacapi del caldo romano e il desiderio di un’ora di luce tutta per sé, la Capitale custodisce rifugi che non richiedono l’auto né una membership in piscina. A pochi passi dai flussi turistici, esistono luoghi dove la tintarella metropolitana diventa un piccolo rito: giardini pensili del Cinquecento che dominano la Suburra, orti scientifici sospesi tra Trastevere e Villa Corsini, un lago artificiale nel quartiere EUR dove i ciliegi colorano l’aria di rosa. Qui il sole filtra tra rose e bambù, scivola sulle cascate contemporanee e scalda pietre su cui il cinema italiano ha scritto pagine iconiche: Vittorio De Sica con Il giardino dei Finzi Contini, Gabriele Muccino con L’ultimo bacio. Tre soste, tre atmosfere, una stessa idea: prendersi tempo in città.
Villa Aldobrandini e il rooftop French Riviera a Monti
A metà tra la Suburra e il Quirinale, lungo via Nazionale, si apre il giardino sopraelevato di Villa Aldobrandini, terrazza verde plasmata a metà Cinquecento. La salita è discreta, quasi un invito per chi cammina “col naso all’insù”: dietro il cancello, una coppia scolpita su un sarcofago consunto introduce a un salotto all’aperto di bosso, rose e piante “dei pappagalli”, che d’estate accendono foglie e fioriture. È uno spazio raccolto, più silenzioso dei grandi parchi, dove una panchina all’ombra alternata permette di “pescare” il sole a piccoli sorsi. La vista, aperta sulle architetture della zona e sulle prospettive della città post-rinascimentale, regala l’idea di essere altrove restando in centro. Appena oltre, nella rete di vicoli del rione Monti, c’è un’altra deviazione che dialoga con la stagione: Casa Monti, boutique hotel con rooftop battezzato French Riviera, un omaggio alla costa francese che nelle ore giuste profuma di lavanda e rosmarino. Qui, tra chaise longue e piccoli ombrelli, il sole rimbalza sulle facciate e diventa complice di un aperitivo con vista. L’accoppiata funziona bene: mezz’ora distesi tra le siepi di Villa Aldobrandini, poi una pausa in quota dove l’aria gira più leggera. Il centro di Roma, per una volta, smette di correre.

Scendendo verso Trastevere, nella parte più quieta del quartiere, la cancellata di Largo Cristina di Svezia introduce all’Orto Botanico di Roma, un giardino-museo incastonato nel parco di Villa Corsini, che fu residenza dell’iconica Cristina di Svezia. La sovrana, ricordata per una conversione che scosse l’Europa del Seicento e per il suo mecenatismo (diede linfa all’Arcadia), sembra aleggiarci ancora: qui i viali raccontano migliaia di specie provenienti da continenti diversi, una serra di orchidee, un settore di piante succulente, un Giardino Giapponese ordinato come un haiku e un Giardino Mediterraneo che profuma di mirto e alloro. La collezione di bambù è tra le più ricche d’Europa; c’è una varietà che fiorisce con ritmi secolari, ricordando quanto il tempo naturale sia altro rispetto ai nostri calendari. D’estate l’ombra è diffusa, ma i prati aprono spicchi caldi ideali per un bagno di sole misurato, magari vicino alla scalinata degli undici zampilli progettata dal celebre Ferdinando Fuga: un fondale scenografico che il cinema ha reso familiare con Il giardino dei Finzi Contini di De Sica. È un luogo sospeso tra rigore scientifico e contemplazione: chi cerca due pagine al sole ne trova quattro, incorniciate dal fruscio dei bambù e dal ronzio discreto degli insetti.
Più a sud, seguendo via Cristoforo Colombo o la metro B, si arriva al Parco Centrale del Lago all’EUR, il quartiere razionalista nato per l’Esposizione Universale del 1942 mai inaugurata. Il laghetto dell’EUR è un giardino moderno di paesaggio dove il sole rimbalza sull’acqua in specchi larghi, e il verde disegna piazze morbide tra marciapiedi e linee essenziali. In primavera una scia rosa anticipa la stagione: la Passeggiata del Giappone si accende grazie a migliaia di ciliegi giapponesi, donati alla città a fine anni Cinquanta, e da marzo in poi accompagna runner, famiglie e curiosi. L’estate porta un’altra qualità di luce: le superfici d’acqua diventano magneti e le sponde offrono spazi ariosi dove stendersi con un libro. Per cambiare prospettiva basta noleggiare un pedalò e scorrere lungo il Giardino delle Cascate, complesso di rampe e vasche dove l’acqua mette in scena un rumore bianco capace di cancellare, per qualche minuto, i clacson in lontananza. Il cinema qui ha appuntato più di un segno: Gabriele Muccino scelse quest’area per alcune sequenze de L’ultimo bacio, a conferma di un paesaggio urbano che sa essere sentimentale senza bisogno di cartoline.
Roma, d’estate, propone sempre la stessa sfida: cercare sole senza rinunciare alla leggerezza. In questi tre luoghi la soluzione è a portata di cammino. Villa Aldobrandini è l’alternativa intima al parco monumentale: un belvedere dal sapore cinquecentesco dove il tempo corre lento e il centro si lascia guardare dall’alto. L’Orto Botanico è la pausa colta, una parentesi verdissima firmata Sapienza che mischia biodiversità e memoria: dai bambù che scricchiolano alla scalinata barocca dove sfilano i ricordi del cinema, tutto invita a stare qualche minuto in più, con il sole che disegna geometrie tra le fronde. L’EUR, infine, offre la scena contemporanea: spazi larghi, acqua, cascate e una passeggiata che in primavera profuma di hanami e in piena estate diventa la tribuna naturale per una tintarella misurata. Tre modi diversi di prendere luce nella stessa città, senza abbonamenti né trasferte, intrecciando storia, architettura, botanica e settima arte. Se la spiaggia sembra lontana e le piscine affollate, bastano scarpe comode, una borraccia e un telo. Il resto lo mette Roma: un raggio che filtra tra le rose di Monti, un colpo di verde nel cuore di Trastevere, l’azzurro di un lago che riflette il cielo. La tintarella metropolitana è servita, con il bonus di un racconto che cambia passo a ogni sosta.






