Un recente studio condotto dai ricercatori del Johns Hopkins Medicine ha rivelato che l’idrogeno solforato, il gas responsabile del caratteristico odore di uova marce, potrebbe giocare un ruolo protettivo contro la malattia di Alzheimer, la demenza neurodegenerativa più diffusa a livello mondiale. Questa scoperta apre nuove prospettive nella comprensione e nel trattamento di una patologia che colpisce milioni di persone, soprattutto in età avanzata.
Il ruolo dell’idrogeno solforato nella protezione del cervello
Secondo lo studio del 2021, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, dosi moderate di idrogeno solforato possono aiutare a preservare le cellule cerebrali dall’invecchiamento e dalla degenerazione tipica dell’Alzheimer. Questo gas, prodotto naturalmente dal corpo umano, è noto per essere tossico in alte concentrazioni, ma a livelli controllati svolge funzioni fondamentali nel segnalare e regolare processi cellulari.
I ricercatori, guidati dalla dottoressa Bindu Paul e dal dottor Solomon Snyder, hanno evidenziato che l’idrogeno solforato modifica le proteine cerebrali attraverso un processo chiamato solfidratazione chimica, che diminuisce con l’età e risulta particolarmente ridotta nei pazienti affetti da Alzheimer. In particolare, questo meccanismo coinvolge l’enzima glicogeno sintasi β (GSK3β), il quale, in assenza di idrogeno solforato, interagisce eccessivamente con la proteina Tau, favorendo la formazione di grovigli neurofibrillari responsabili della morte neuronale e del declino cognitivo tipici della malattia.
Sperimentazioni su modello murino e risultati
Nel modello animale, topi geneticamente modificati per simulare l’Alzheimer sono stati trattati con un composto chiamato NaGYY, che rilascia lentamente idrogeno solforato nell’organismo. I test comportamentali hanno dimostrato un miglioramento fino al 50% delle capacità mnemoniche e motorie rispetto ai topi non trattati, indicando una possibile inversione dei sintomi degenerativi.
Questi risultati suggeriscono che il ripristino dei livelli di idrogeno solforato nel cervello può bloccare la cascata di eventi patologici, rappresentando una potenziale strategia terapeutica innovativa. Come ha spiegato Daniel Giovinazzo, primo autore dello studio, comprendere questa catena di eventi è cruciale per sviluppare farmaci che possano imitare l’effetto protettivo del gas.
Malattia di Alzheimer: stato attuale e sfide future
L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa progressiva, caratterizzata da perdita di memoria, disorientamento, alterazioni comportamentali e compromissione delle funzioni cognitive e motorie. Nonostante oltre 500 studi clinici condotti negli ultimi decenni, le cause precise restano ancora sconosciute e le terapie disponibili sono limitate a miglioramenti sintomatici e rallentamento temporaneo della progressione.
La malattia colpisce principalmente persone over 65, con incidenza crescente nelle fasce di età più avanzate. In Italia si stimano circa 492.000 casi, mentre a livello globale i malati sono oltre 26 milioni, con una previsione di aumento esponenziale nei prossimi decenni. La patologia è associata alla formazione di placche amiloidi e grovigli neurofibrillari dovuti alla proteina Tau, che progressivamente causano la morte neuronale.
Le strategie preventive ad oggi raccomandate includono attività fisica, stimolazione cognitiva e controllo dei fattori di rischio cardiovascolare, ma non esistono farmaci o integratori capaci di ridurre efficacemente il rischio di Alzheimer.
Il lavoro del team del Johns Hopkins Hospital, una delle istituzioni mediche più prestigiose degli Stati Uniti, potrebbe rappresentare un passo avanti significativo verso nuove terapie basate sulla modulazione di molecole gassose come l’idrogeno solforato, aprendo nuove strade per la lotta a una delle malattie più devastanti del nostro tempo.






