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Qualità della vita 2025: la nuova mappa delle città italiane che salgono e quelle che crollano

Milano domina la qualità della vita 2025 grazie a servizi, reddito e innovazione. Bolzano e Bologna completano il podio, ma il divario Nord-Sud si conferma profondo.

by Matilde Giunti
21 Novembre 2025

L’edizione 2025 dell’indagine firmata ItaliaOggi, Ital Communications e Università Sapienza di Roma racconta un’Italia che cambia, ma senza scossoni reali. I territori migliorano in modo lento, talvolta impercettibile, mentre il Paese resta diviso lungo la storica frattura Nord-Sud. La ricerca si concentra su nove aree chiave – affari e lavoro, ambiente, istruzione, popolazione, reati e sicurezza, reddito e ricchezza, sicurezza sociale, sistema salute, turismo e cultura – offrendo una fotografia complessa, fatta di progressi, frenate e conferme.

Al primo posto, ancora una volta, si colloca Milano, che conquista la vetta grazie a servizi avanzati, un elevato reddito medio, infrastrutture dinamiche e un tessuto economico che continua ad attrarre investimenti. A seguirla sono Bolzano, da anni simbolo di stabilità e qualità urbana, e Bologna, che con una crescita costante degli indicatori sale fino al terzo posto. Nella parte alta della classifica compaiono anche Firenze, protagonista di un netto balzo in avanti, e città come Monza, Trento, Padova, Verona, Parma e Reggio Emilia, che consolidano il ruolo del Nord e del Centro come aree a più alta vivibilità.

Nord, Centro e Sud: tre Italie che si muovono a velocità diverse

Subito fuori dalla top ten, emergono segnali interessanti. Rimini e Ascoli Piceno recuperano oltre venti posizioni, mostrando come politiche territoriali più moderne possano incidere realmente sul benessere dei cittadini. Anche la Toscana presenta indicatori positivi: Prato, Pisa e Lucca avanzano tutte, segno di un rafforzamento complessivo dell’area. Nel Centro Italia si muovono anche le Marche, dove alla crescita di Ascoli Piceno si affianca il rallentamento di Ancona, superata da Macerata e Pesaro-Urbino. In Umbria, Perugia torna a superare Terni, un segnale di miglioramento che interrompe anni di oscillazioni.

Il quadro cambia radicalmente scendendo verso il Mezzogiorno. Nonostante qualche progresso in settori mirati, il Sud continua a evidenziare criticità strutturali. Caltanissetta, Crotone e Reggio Calabria occupano le ultime posizioni, mentre Napoli, Palermo e Catania restano nella parte bassa della classifica. La distanza con il resto del Paese rimane marcata, soprattutto per quanto riguarda i servizi pubblici, l’occupazione e la sicurezza.

Esistono però eccezioni rilevanti: Lecce e Cagliari si posizionano sopra la media del Sud, mostrando come investimenti su cultura, decoro urbano e welfare locale possano produrre risultati concreti. La sola provincia appenninica a distinguersi è L’Aquila, che risale fino alla 56ª posizione, dimostrando una ripresa costante nel lungo periodo.

Nonostante qualche miglioramento diffuso, la ricerca mette in evidenza un elemento critico: la qualità della vita è considerata buona o accettabile soltanto in 60 province su 107, un dato inferiore rispetto agli anni passati. Ci si muove verso un’Italia meno polarizzata, con meno eccellenze e meno situazioni estreme, ma anche con un livello generale di soddisfazione che non cresce quanto ci si aspetterebbe. La sanità migliora quasi ovunque, ma non basta a compensare il rallentamento in altri servizi fondamentali.

Nella top ten si confermano le province più solide del Paese, che continuano a occupare stabilmente le posizioni più alte: Milano (1.000 punti), Bolzano (984), Bologna (915), Firenze (892), Monza (890), Trento (885), Padova (867), Verona (838), Parma (815), Reggio Emilia (814). In fondo alla classifica, invece, le ultime cinque posizioni restano appannaggio delle province con maggiori fragilità: Agrigento, Foggia, Reggio Calabria, Crotone e Caltanissetta.

Il quadro complessivo del 2025 racconta un’Italia che prova a migliorare ma fatica a cambiare davvero. E mentre il Nord si conferma traino del Paese, il Sud rimane intrappolato in un divario che sembra ancora troppo profondo per essere colmato senza interventi strutturali e continui.

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