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Quali Paesi europei proteggono meglio i cittadini: la nuova mappa della spesa sociale

I dati Eurostat ridisegnano gli equilibri del welfare europeo, mostrando un’Unione divisa tra Paesi ad alta protezione sociale e Stati che spendono molto meno rispetto al proprio Pil

by Matilde Giunti
21 Novembre 2025

L’Europa continua a essere una delle aree con i sistemi di protezione sociale più estesi al mondo. Nel complesso, pensioni, sussidi di disoccupazione, assistenza medica, sostegni alla disabilità e politiche abitative rappresentano una parte fondamentale del modello europeo, ma la distribuzione della spesa non è affatto uniforme. Secondo le ultime rilevazioni di Eurostat, tutti i Paesi dell’Unione hanno aumentato gli investimenti nel welfare nel 2024, con una crescita complessiva vicina al sette per cento. Il totale del bilancio sociale del blocco ha sfiorato i cinque miliardi di euro, un valore che conferma quanto le politiche sociali restino un pilastro indispensabile anche in un contesto economico segnato da inflazione e tensioni geopolitiche.

Se si osserva la spesa in rapporto al Pil, la media europea si attesta intorno al 27 per cento, ma dietro questa cifra si nascondono differenze molto profonde. Finlandia, Francia e Austria guidano la classifica dei Paesi più generosi, ciascuno con un investimento vicino al 32 per cento del Pil, segno di modelli sociali fortemente orientati alla tutela dei cittadini lungo tutto il corso della vita. Sul lato opposto si colloca l’Irlanda, che con il suo dodici per cento appare nettamente distaccata dagli altri Stati membri. Una percentuale così bassa può sorprendere, soprattutto se confrontata con Paesi extra-Ue come la Bosnia-Erzegovina o la Serbia, ma secondo gli esperti non indica una debolezza strutturale del sistema irlandese.

La società irlandese è infatti più giovane rispetto ad altre economie europee, un fattore che riduce automaticamente la spesa per pensioni, assistenza a lungo termine e sanità correlata all’età. Il professor Bernhard Ebbinghaus, sociologo dell’Università di Mannheim, ha ricordato che il Pil irlandese è spesso gonfiato dalla presenza di grandi multinazionali che utilizzano il Paese come base fiscale. Per questo motivo, l’indicatore Pnl, che misura il reddito generato dai residenti, offre un quadro più realistico del tenore di vita e della reale capacità di spesa dello Stato. Nonostante il basso investimento totale nel welfare, l’Irlanda risulta comunque seconda nell’Ue per spesa dedicata all’edilizia sociale, un settore sempre più rilevante in un continente dove l’accesso alla casa sta diventando uno dei temi più urgenti.

La struttura della spesa sociale europea mostra dinamiche molto precise. Le pensioni restano la voce dominante, con un totale di 2.000 miliardi di euro investiti nel 2024. Subito dopo compaiono le voci relative a malattia e assistenza sanitaria, che sfiorano i 1.500 miliardi, mentre il sostegno alle famiglie, all’infanzia e alle persone con disabilità occupa una parte significativa del budget, seppur più contenuta. Nonostante il recente e controverso dibattito sulle riforme previdenziali, la Francia non è il Paese che destina più risorse alle prestazioni di vecchiaia: si colloca dietro Austria, Italia e Finlandia, rispettivamente con il 14,7, 14,6 e 14,5 per cento del Pil. Nel campo sanitario la leadership è invece della Germania, che investe il 9,9 per cento, seguita da Francia e Paesi Bassi.

Sul fronte della disoccupazione, la Francia si conferma la più generosa con un investimento pari all’1,75 per cento del Pil. La Finlandia segue a breve distanza, dimostrando un modello fortemente orientato alla sicurezza del lavoratore. Più complessa la situazione per quanto riguarda le politiche abitative, un settore in cui la richiesta dei cittadini cresce molto più rapidamente delle risorse disponibili. La Finlandia guida anche questa classifica, davanti a Irlanda e Germania. Secondo un recente sondaggio Eurobarometro, proprio la mancanza di alloggi accessibili rappresenta il problema “più immediato e urgente” per il 40 per cento degli europei, dato che sale oltre il 50 per cento tra chi vive nelle grandi città.

Il quadro dell’Est Europa racconta un’altra faccia dell’Unione. Paesi come Estonia, Croazia e Romania hanno registrato gli aumenti più rapidi nella spesa sociale. È l’Estonia a guidare questo processo, con un balzo vicino al 20 per cento in un solo anno. Secondo il professor Lauri Triin, dell’Università di Tallinn, il fenomeno è però legato soprattutto a effetti automatici, come l’indicizzazione delle pensioni dovuta alla forte inflazione precedente e alla crescita dei salari, piuttosto che a riforme politiche. In Estonia anche le prestazioni destinate ai genitori sono collegate agli stipendi medi, che nel 2024 sono aumentati di circa il dieci per cento, trascinando verso l’alto l’intera spesa per il welfare.

Diversissime le dinamiche di Stati come Germania, Grecia, Svezia, Italia e Danimarca, che hanno registrato incrementi più moderati, tutti compresi tra il tre e il cinque per cento. Anche se l’aumento tedesco appare contenuto rispetto alla media europea, gli esperti ricordano che Berlino sta affrontando simultaneamente il costo dell’accoglienza ai rifugiati ucraini e una fase di rallentamento economico, elementi che incidono in modo diretto sui bilanci pubblici. Per questo motivo è improbabile che la Germania decida di frenare la spesa sociale nel breve periodo, vista la necessità di sostenere famiglie, lavoratori e sistemi sanitari in un momento di particolare instabilità.

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