Le Isole Ponziane, quando l’estate svanisce e il turismo si ritira, si trasformano in un arcipelago completamente diverso. È il momento in cui le falesie tornano silenziose, i sentieri diventano cammini solitari immersi nella macchia mediterranea e l’isola di Ponza sembra respirare a un ritmo più lento, rivelando una geografia vulcanica che in alta stagione resta spesso in ombra. È l’autunno a regalare la versione più autentica di queste terre nate dal magma, modellate nei millenni da fratture, eruzioni e sculture naturali che ancora oggi raccontano una storia geologica a cielo aperto.
Camminare tra falesie dorate e crinali selvaggi: Ponza e Palmarola diventano un paradiso di trekking, profumi e silenzi
Visitare le Ponziane tra ottobre e dicembre significa entrare in un paesaggio che muta continuamente, sfiorando rocce plasmate tra i tre milioni e i 150 mila anni fa. Le giornate ancora tiepide permettono di affrontare i percorsi di trekking che serpeggiano sulle alture di Ponza e lungo le scogliere frastagliate, senza l’afa e il caos della stagione estiva. Qui la macchia mediterranea è protagonista assoluta, un mosaico di mirti, lentischi, euforbie, cistus ed eriche che avvolge ogni sentiero con profumi resinosi e colori che cambiano con la luce. Attraversando queste creste, capita di imbattersi nella falesia di Chiaia di Luna, dorata e verticale, un anfiteatro naturale che appare d’improvviso come una visione sospesa sul mare.
Tra le esperienze più coinvolgenti c’è l’ascesa lungo il Sentiero di Punta Incenso, un tracciato di circa due chilometri adatto anche ai non esperti. A guidare i camminatori ci sono spesso professionisti come Vittorio Supino, che conosce la biodiversità dell’isola come una seconda lingua. Da Le Forna, il percorso sale lentamente fino a un pianoro che apre lo sguardo sui faraglioni ponziani, sagome imponenti che emergono da acque di un azzurro quasi metallico. Qui il vento porta il profumo dell’elicriso, mentre tra le rocce scompaiono e riemergono cespi di Limonium pontium, pianta endemica e simbolo di questo arcipelago. Camminando si incontrano anche storie antichissime, come i resti di un cenobio cistercense risalente ai secoli XI e XII, tracce di una presenza monastica che un tempo abitava questi rilievi isolati.

L’autunno regala all’isola anche una dimensione più intima nei piccoli ristoranti che restano aperti, come A Casa di Assunta, divenuto quasi un salotto dell’isola. Qui un piatto di polpo con olive e pomodorini o un assaggio di pasta fresca con pesto di Palmarola raccontano la cucina di terra e di mare che Ponza protegge con orgoglio. Continuando il cammino verso il Monte Guardia, a Punta Fieno il panorama si riapre sulla falesia di Chiaia di Luna, che al tramonto diventa un muro d’oro incandescente. Da lì il percorso incontra le Antiche Cantine Migliaccio, dove un calice di Fieno di Ponza o di Biancolella permette di assaporare il carattere minerale e iodato dell’isola, un vino che porta nel bicchiere la brezza e la roccia.
Rientrando verso Ponza, il Porto Borbonico si accende di colori pastello mentre la luce cala. Sotto la superficie dell’isola sopravvive un mondo antico, come la Cisterna Romana della Dragonara, un labirinto scavato nel tufo che ricorda l’ingegno romano nella raccolta dell’acqua. E salendo verso il Monte Guardia, tetto dell’arcipelago, si supera un vecchio semaforo ottico da cui la vista si apre a 360 gradi, abbracciando Zannone, Ventotene, Santo Stefano e, nelle giornate più limpide, perfino la costa laziale. Quando il sole scende, è quasi rituale raggiungere Campo Inglese per un ultimo sguardo su un cielo che sembra incendiarsi prima della notte.
Zannone e Palmarola: l’arcipelago più selvaggio tra monasteri perduti, leccete antiche e paesaggi quasi irreali
Per chi desidera una prospettiva ancora più selvaggia, l’imbarco da Ponza Porto verso Zannone è un passaggio obbligato. Quest’isola disabitata, parte del Parco Nazionale del Circeo, è un santuario naturale rimasto intatto per secoli. Lo ricorda ancora una volta Vittorio Supino, che descrive Zannone come “l’isola più antica dal punto di vista geologico”, formata da rocce calcaree e metamorfiche del Mesozoico. È un luogo che accoglie i visitatori con un silenzio tagliente, interrotto solo dal fruscio della vegetazione e dal mare che risuona tra le scogliere.
Il percorso ad anello di 4,8 chilometri parte da Punta del Varo e si immerge subito in una macchia mediterranea così densa da sembrare impenetrabile. Mentre si cammina verso i resti del monastero benedettino del 504, abbandonato nell’Ottocento per via delle incursioni saracene, la storia dell’isola si intreccia con la natura più potente. Tra lentischi giganteschi, quasi arborei, e improvvisi belvedere affacciati sul mare, il sentiero sembra raccontare secoli di isolamento. Proseguendo verso nord, ci si addentra in una lecceta sorprendentemente fitta, un corridoio verde che culmina nella Valle del Cavone del Lauro, una delle aree più scenografiche dell’intero arcipelago.
Zannone, insieme a Palmarola, rappresenta il volto più selvaggio delle Ponziane, un mondo di archi naturali, scogliere appuntite e acque trasparenti che cambiano colore con ogni passaggio di luce. Percorrere questi luoghi in autunno significa vivere un rapporto più diretto con l’ambiente, senza il filtro della folla, senza il caldo eccessivo, senza la frenesia estiva. Significa osservare il mare con un’intensità nuova, riconoscere i profumi, ascoltare suoni che d’estate restano nascosti. È un viaggio che restituisce l’idea di un arcipelago primordiale, ancora capace di sorprendere chi arriva fin qui fuori stagione.






