Salzburg, 3 dicembre 2025 – La vicenda delle tre suore ottuagenarie austriache che hanno occupato il Kloster Goldenstein, un convento vicino a Salisburgo, continua a fare discutere e a rappresentare un caso emblematico nel rapporto tra Chiesa e società digitale. Suor Bernadette (88 anni), suor Regina (86) e suor Rita (82) hanno trasformato un semplice trasferimento forzato in una resistenza civica e mediatica senza precedenti, portando la disputa direttamente all’attenzione della Santa Sede.
La resistenza delle tre suore e l’occupazione del convento austriaco
Le tre religiose, ultime rappresentanti in Austria delle Canonichesse regolari ospedaliere della misericordia di Gesù, sono state trasferite nel 2024 dal prevosto Markus Grasl in una casa di riposo, giudicata più consona alle loro condizioni di salute. Tuttavia, senza alcun consenso, le suore hanno vissuto questo trasferimento come un vero e proprio “esilio forzato”. Suor Bernadette ha dichiarato alla BBC: “Prima di morire in quella casa di riposo, preferisco andare in un prato ed entrare nell’eternità“.
Nel settembre 2025, con l’aiuto di ex studentesse, abitanti locali e un fabbro, hanno forzato la porta del convento e vi sono rientrate, ripristinando elettricità e acqua grazie a generatori, facendo scorte di cibo e riorganizzando gli spazi. Da quel momento hanno iniziato a documentare con video e foto la loro quotidianità su Instagram, raccontando la loro lotta e manifestando la volontà di non abbandonare il convento. Il loro profilo ha raggiunto oltre 239mila follower, attirando l’attenzione internazionale e suscitando solidarietà concreta, tra cui assistenza medica e consulenze legali gratuite.
Il prevosto Grasl, dopo aver definito la loro azione una “violazione del voto di obbedienza”, ha tentato una mediazione con un accordo che prevedeva la permanenza nel convento a patto di chiudere i profili social e rinunciare a qualsiasi azione legale. Le suore hanno rifiutato, definendo l’accordo un “contratto capestro”, e il caso è ora al vaglio della Santa Sede.
Visualizza questo post su Instagram
Suore in Austria, un caso simbolo del nuovo potere dei social nella Chiesa
La vicenda delle tre suore non è solo una disputa sul luogo di residenza di anziane religiose, ma un esempio di come la Chiesa si trovi oggi a dover confrontarsi con una nuova realtà comunicativa. La viralità dei social media, fino a poco tempo fa sconosciuta e talvolta osteggiata nelle sue dinamiche, è diventata uno strumento di pressione e negoziazione istituzionale. Il caso Goldenstein pone una sfida all’autorità ecclesiastica, abituata a una comunicazione verticale e mediata, mentre ora si confronta con una visibilità autonoma e incontrollabile.
La figura di suor Regina e il ruolo delle donne nella Chiesa contemporanea
Parallelamente, l’importanza della presenza femminile nella Chiesa cattolica emerge anche nelle recenti dichiarazioni di suor Regina da Costa Pedro, missionaria e direttrice delle Pontificie opere missionarie del Brasile, che ha parlato al Consiglio dei cardinali (C9) in Vaticano. Suor Regina ha sottolineato che “non si tratta di un’epoca di cambiamenti, ma di un cambio d’epoca“, evidenziando come la Chiesa stia vivendo una trasformazione profonda, soprattutto nel rapporto tra donne e gerarchia ecclesiastica. Ha raccontato l’esperienza di ascolto e dialogo innovativa con Papa Francesco e i cardinali, un processo che “non parla più di donne, ma ascolta le donne“.
Questa attenzione verso la voce femminile si intreccia idealmente con la vicenda delle tre suore austriache, che con la loro azione hanno incarnato la determinazione e la capacità di farsi sentire anche in contesti tradizionali, usando strumenti moderni come i social media per difendere i loro diritti e la loro libertà.
