Il 2026 segnerà una svolta per tutti gli studenti italiani dell’ultimo anno delle superiori. Con la riforma voluta dal ministro Giuseppe Valditara, l’esame di Stato non solo cambia struttura, ma recupera anche il suo nome storico: maturità. Una scelta simbolica che introduce però novità sostanziali. L’obiettivo dichiarato è rendere la prova più rigorosa e meritocratica, puntando sulla serietà del percorso e sul riconoscimento dell’impegno. Ma vediamo nel dettaglio come si trasformerà l’esame più atteso dagli studenti.
Il ritorno alla “maturità”: non solo un nome
La decisione di abbandonare la formula tecnica “esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione” non è solo formale. Con il ritorno alla parola “maturità” si vuole sottolineare che l’esame rappresenta un passaggio identitario, non soltanto una verifica di competenze. Al diploma sarà allegato anche un curriculum dello studente, che includerà non solo voti e prove Invalsi, ma anche attività sportive, volontariato e competenze linguistiche, offrendo così una fotografia più completa del percorso formativo.
L’orale blindato: la vera rivoluzione
Il cambiamento più radicale riguarda il colloquio finale, che diventa obbligatorio e con regole molto più stringenti.
Saranno valutate quattro materie caratterizzanti, decise ogni anno dal Ministero, al posto dei vecchi collegamenti multidisciplinari.
Chi si rifiuta di rispondere per protesta o sceglie il “silenzio scenico” sarà automaticamente bocciato e dovrà ripetere l’anno.
Verranno presi in considerazione anche educazione civica, esperienze di scuola-lavoro e attività extracurriculari. Chi ha una condotta insufficiente dovrà presentare un compito aggiuntivo sulla cittadinanza attiva.
L’orale non sarà più un momento creativo o interpretativo, ma una prova “blindata”, focalizzata sulle conoscenze e sulle responsabilità personali.
Commissione e punteggi: meno membri, più rigore
La riforma tocca anche la composizione della commissione e il sistema di valutazione:
Commissari ridotti da sette a cinque, con due interni, due esterni e un presidente. I risparmi saranno destinati a formare meglio i docenti che ricopriranno il ruolo di commissario.
Voti segreti fino alla fine: i risultati delle prove scritte saranno comunicati solo dopo l’orale, così da evitare proteste o atteggiamenti superficiali da parte degli studenti che si sentono già “salvi”.
Bonus più selettivo: non più cinque, ma tre punti, concessi soltanto a chi avrà raggiunto almeno 97 centesimi tra crediti e prove. Un premio riservato quindi ai veri “super-studenti”.
Oltre l’esame: sicurezza, cambi di indirizzo e nuovi percorsi
Il decreto non riguarda solo la maturità, ma introduce anche regole generali per la vita scolastica:
Gite più sicure: dopo gli incidenti degli ultimi anni, i contratti con i pullman dovranno privilegiare mezzi con sistemi avanzati di sicurezza e autisti qualificati, non più solo il prezzo più basso.
Cambi di indirizzo: sarà più semplice cambiare scuola nei primi due anni, ma dal terzo servirà superare un esame integrativo.
Filiera 4+2: il percorso sperimentale di quattro anni più due di specializzazione ITS entra stabilmente nel sistema scolastico, aprendo nuove strade agli studenti tecnici e professionali.
Le reazioni: una riforma che divide
Come accade per ogni riforma scolastica, anche la “maturità Valditara” ha diviso politica e opinione pubblica. Il ministro rivendica di aver restituito serietà e centralità all’esame, trasformandolo in un momento di valutazione completa dello studente. Le opposizioni, invece, parlano di ritorno al passato, criticando la rigidità dell’orale obbligatorio e la riduzione dei bonus come un segnale punitivo.
Cosa cambia davvero per gli studenti
Dal 2026, chi affronterà la maturità dovrà prepararsi a un esame più strutturato e selettivo. Il colloquio blindato richiederà studio mirato e non improvvisazione, mentre la commissione ridotta e i bonus limitati renderanno più difficile “arrotondare” i voti finali. Al tempo stesso, il curriculum dello studente offrirà la possibilità di valorizzare esperienze extrascolastiche spesso trascurate.
La sfida sarà trovare un equilibrio tra rigore e inclusività: solo le prossime generazioni di maturandi potranno dire se la riforma avrà davvero centrato l’obiettivo.






