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Le competenze che domineranno il lavoro nel 2030: cosa chiedono davvero le aziende

Dal pensiero analitico alla resilienza, fino ad arrivare a big data e creatività: cosa cercano davvero i datori di lavoro secondo il nuovo report Wef

by Matilde Giunti
22 Novembre 2025
Conexiones tecnológicas.Interfaz neuronal directa entre el cerebro y la inteligencia artificial.

Conexiones tecnológicas.Interfaz neuronal directa entre el cerebro y la inteligencia artificial.

Nel mercato del lavoro che corre verso il 2030, le competenze richieste dalle aziende stanno cambiando in modo evidente, e il peso dell’intelligenza artificiale sta accelerando questo processo. I ruoli iniziali sono già toccati dall’automazione e i datori di lavoro cercano lavoratori capaci di muoversi in un ambiente in cui tecnologia, decisioni rapide e capacità umane avanzate convivono. I dati del “Future of Jobs Report 2025” del World Economic Forum mostrano come si stanno trasformando le priorità delle imprese globali e quali abilità diventeranno indispensabili nel giro di pochi anni.

Le competenze che dominano oggi: pensiero analitico, resilienza, flessibilità e leadership

Il quadro delineato dal Wef suggerisce che il mondo del lavoro è entrato in una fase in cui la capacità di analizzare contesti complessi e reagire con rapidità è più centrale della padronanza di strumenti tecnici. Il pensiero analitico, indicato dal 69 per cento dei datori di lavoro, emerge come la competenza più richiesta: non si tratta solo di interpretare dati o situazioni, ma di saperli usare per prendere decisioni efficaci in scenari che cambiano senza sosta. Poco distante compare la combinazione di resilienza, flessibilità e agilità, riconosciuta come essenziale dal 67 per cento degli intervistati, segno che le aziende cercano persone capaci di riorganizzarsi di fronte a imprevisti, nuove tecnologie o cambi di strategia.

Accanto a queste abilità, la leadership e l’influenza sociale continuano a occupare un ruolo centrale. Il 61 per cento dei datori di lavoro la considera una skill irrinunciabile, non solo per chi ha ruoli di coordinamento, ma anche per chi opera in team distribuiti e digitalizzati, dove saper motivare e orientare gli altri diventa una parte naturale del lavoro quotidiano. Oltre al pensiero analitico, cresce anche la richiesta di pensiero creativo, citato dal 57 per cento delle aziende, un dato che segnala come, in un ambiente dominato dall’AI, l’innovazione continui a dipendere dall’intuizione e dalla capacità di immaginare soluzioni nuove.

Il report mostra inoltre come abilità più umane, come empatia, ascolto attivo, motivazione, curiosità e apprendimento permanente, siano ormai percepite come fondamentali almeno dalla metà dei datori di lavoro. Sorprende però un altro dato: meno della metà delle aziende considera oggi le competenze in AI e big data come essenziali, nonostante la tecnologia sia al centro della trasformazione dei ruoli professionali. Questo divario tra ciò che serve ora e ciò che servirà a breve è uno dei punti più significativi che emergono dal documento, soprattutto se confrontato con l’impressione diffusa che le competenze tecniche siano già dominanti in ogni settore.

Sul fronte opposto, competenze come multilinguismo, cittadinanza globale e capacità di elaborazione sensoriale risultano marginali nelle selezioni: quest’ultima è citata solo dal 6 per cento dei datori di lavoro. Il quadro generale conferma un percorso chiaro: più che la specializzazione stretta, le aziende cercano una combinazione di ragionamento strategico, stabilità emotiva e capacità di adattarsi ai cambiamenti, un mix che appare decisivo per affrontare i prossimi anni di trasformazione continua.

Le competenze che cresceranno entro il 2030: AI, big data, cybersicurezza e creatività avanzata

Se il presente del lavoro si basa su analisi, resilienza e leadership, il futuro immediato è destinato a ruotare sempre più attorno alle competenze tecnologiche. Secondo il report del Wef, la skill destinata a crescere maggiormente è proprio quella che oggi è citata meno delle altre: AI e big data. I datori di lavoro prevedono un aumento dell’87 per cento nella richiesta di figure capaci di utilizzare o comprendere sistemi di intelligenza artificiale, un’evoluzione inevitabile in un mercato in cui l’automazione sta rapidamente assorbendo i compiti ripetitivi e liberando spazio per professioni ad alto valore aggiunto. A seguire, cresce anche la richiesta di competenze in reti e cybersicurezza, destinate a salire del 70 per cento, seguite dall’alfabetizzazione tecnologica, con un aumento previsto del 68 per cento.

Al fianco di queste competenze strettamente tech, crescono abilità più trasversali come il pensiero creativo, la curiosità, la resilienza e la capacità di apprendimento permanente, tutte ritenute fondamentali per mantenere alta la produttività in un ambiente in cui l’innovazione procede a ritmi elevati. Anche la leadership, l’abilità di gestione dei talenti e la capacità di coordinare persone in contesti ibridi o completamente digitali rimarranno centrali: la tecnologia cambia i ruoli, ma non sostituisce il bisogno di figure in grado di guidare i processi e mantenere coesione all’interno dei team.

Due competenze, invece, sembrano avviate verso un lento declino entro il 2030: la destrezza manuale e le abilità di lettura, scrittura e matematica. Non perché diventino inutili, ma perché verranno inglobate o semplificate dagli strumenti digitali e dai sistemi automatizzati. Il report sottolinea anche come l’impatto dei cambiamenti non sia uniforme nel mondo: le economie a reddito medio-alto e medio-basso prevedono sconvolgimenti maggiori, mentre gran parte dei Paesi ad alto reddito assisterà a una transizione più graduale. Tra le 55 economie analizzate, dieci delle dodici che prevedono minori disagi si trovano in Europa, tra cui Danimarca, Paesi Bassi, Regno Unito, Francia e Germania.

Il documento del Wef offre anche una panoramica sui lavori destinati a crescere e quelli in lento ridimensionamento. La distanza tra ciò che le aziende richiedono oggi e ciò che richiederanno tra cinque anni mostra un mercato del lavoro in continua ricostruzione, dove l’equilibrio tra capacità analitiche, competenze tecnologiche e abilità socio-emotive sarà decisivo per restare competitivi. In questo scenario, aggiornarsi diventa più di una strategia professionale: è una necessità che accompagnerà lavoratori e aziende nella transizione verso un’economia sempre più guidata dall’intelligenza artificiale e dall’innovazione strutturale.

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