A volte capita di sentirsi dire da amici o colleghi che le loro vacanze sono state in luoghi affollati, isole mondane, borghi famosi o montagne perfette per i sentieri d’alta quota. Poi c’è qualcuno che, quasi per scherzo, risponde di essere stato a Y. Una sola lettera, un nome che sembra uno scherzo raccontato al bar, e invece identifica un luogo autentico, silenzioso, remoto, che appartiene alla geografia reale. La forza di questo borgo sta proprio nella sua essenzialità: Y è piccolo, appartato, ma custodisce una storia molto più lunga della sua brevità grafica, una storia che vale la pena ricostruire perché racconta come anche un luogo invisibile sulle mappe possa diventare un simbolo.
Dove si trova Y e perché il suo nome di una sola lettera è diventato un simbolo geografico unico in Europa
La città di Y, che i francesi pronunciano “i”, si trova nella regione dell’Alta Francia, nel dipartimento della Somme, circa cinquanta chilometri a est di Amiens. È un punto minuscolo sulle carte topografiche, quasi un puntino sfuggito alla matita, eppure racchiude un primato che lo rende immediatamente riconoscibile: è considerato il comune con il nome più corto del mondo, alla pari solo con Å, in Scandinavia, e U, in Cina. La brevità del nome non è una trovata moderna, non nasce da un vezzo turistico: deriva direttamente dalla famiglia De Y, una stirpe documentata dal XIV secolo, che ha modellato il borgo lasciando nel toponimo la sua impronta più evidente.
Viaggiare fin qui fuori stagione dà l’idea di trovarsi in un luogo sospeso, dove il tempo sembra rallentato e il paesaggio rimane identico per intere generazioni. La posizione di Y, all’incrocio tra le strade D15 e D615, racconta un passato agricolo, fatto di campagne silenziose, di case basse in pietra e di un tessuto sociale che vive ancora oggi di prossimità, senza il ritmo convulso delle città. È proprio questa semplicità a renderlo così affascinante: un nome di una sola lettera che, senza rumore, è entrato nei primati geografici mondiali, attirando curiosi, fotografi, viaggiatori in cerca di luoghi “estremi” e naturalmente gli appassionati di toponomastica.
La storia di Y inizia con il nome che porta. E nella geografia francese quasi nulla è casuale: dietro ogni borgo c’è un’origine, un motivo, un riferimento culturale o familiare. Nel caso di Y, la traccia più antica rimanda a un documento del 1340, dove viene menzionato Drouart de Y, signore del feudo, figura centrale nel definire l’identità del luogo. Nei secoli successivi la proprietà passò attraverso altri membri della stessa genealogia, fino a François de Y, noto anche come Dey, che nel Cinquecento appare come l’ultimo a esercitare un’autorità diretta sul territorio.
Ciò che oggi colpisce, camminando per le poche vie del borgo, è la naturalezza con cui una realtà così piccola riesca comunque a custodire un passato così lungo. Si avverte nell’atmosfera la sensazione di un luogo che non ha mai dovuto reinventarsi, come se la sua unicità fosse sufficiente a garantirgli una presenza nella memoria collettiva. È il magnetismo dei luoghi minuscoli e strutturati attorno a una storia familiare: non cambiano per piacere a qualcuno, restano identici a se stessi perché la loro identità è già compiuta.
La storia della famiglia De Y, il borgo più breve del mondo e la domanda che tutti fanno: come si chiamano i suoi abitanti
La famiglia De Y domina per secoli la narrazione locale. Le fonti mostrano come questo cognome, così particolare, sia legato a un territorio preciso, a un sistema feudale che in questa parte della Francia ha mantenuto una forte coerenza fino al tardo Medioevo. Il borgo era un feudo vero e proprio, amministrato secondo regole che si sono tramandate da un membro all’altro, e che hanno trovato nel nome un punto di continuità. Nel Cinquecento, durante una fase di ribaltamenti sociali e consolidamenti politici, la famiglia perde progressivamente il controllo diretto della signoria, ma il toponimo rimane inchiodato lì, immutato, come se la lettera stessa si fosse radicata nel paesaggio.
Il fascino di Y non è soltanto linguistico. È una questione di identità collettiva, che i suoi novantaquattro abitanti custodiscono quasi con orgoglio. Sono gli ypsilonien(ne)s, un termine sorprendentemente lungo rispetto alla brevità del borgo, quasi un contrappunto linguistico che ribalta le proporzioni. Quel nome, così particolare, fa da ponte tra la comunità attuale e la genealogia medievale, mantenendo vivo un legame che in molti altri luoghi si sarebbe dissolto con il tempo.
Passeggiando tra le case si percepisce un’atmosfera di calma assoluta, come se il borgo avesse scelto di restare defilato rispetto ai centri più turistici. Eppure, paradossalmente, questa stessa discrezione lo ha reso un luogo noto, quasi virale, nella cultura pop contemporanea. Una fotografia con il cartello stradale “Y” è diventata un piccolo trofeo digitale per chi ama esplorare mete insolite, e molti viaggiatori si divertono a raggiungere questo punto della Somme per dire di essere stati “nella città più breve del mondo”. È la semplicità a renderla irresistibile: un solo carattere che racchiude un borgo intero, una storia intera, una comunità intera.
Y rimane così: una parentesi geografica che sfugge alle regole della normalità. Un nome minimo che ha generato un immaginario massimo, e che ancora oggi incuriosisce chiunque lo incontri per la prima volta.
