Demogorgoni, Mind Flayer, laboratori segreti e il Sottosopra sono solo la superficie narrativa di Stranger Things. Sotto la trama della serie Netflix si nasconde un concetto scientifico che da decenni divide la comunità dei fisici: l’esistenza degli universi paralleli. Un’ipotesi reale, discussa e sorprendentemente più inquietante di quanto appaia sullo schermo, sostenuta anche da scienziati di primo piano.
Il Sottosopra di Stranger Things e la meccanica quantistica: cosa c’è di vero?
Il Sottosopra non nasce dal nulla. La sua logica richiama una delle interpretazioni più dibattute della meccanica quantistica, proposta negli anni Cinquanta dal fisico Hugh Everett, noto per le sue teorie sull’infinito e sulla struttura della realtà.

Everett cercava di risolvere un problema centrale della fisica moderna: il comportamento apparentemente assurdo delle particelle subatomiche, capaci di esistere in più stati contemporaneamente fino al momento dell’osservazione.
Dal “collasso” alla moltiplicazione degli universi
Secondo l’interpretazione tradizionale di Copenaghen, al momento della misura la funzione d’onda “collassa” e la particella sceglie un solo stato. Everett ribaltò completamente questa visione: nessun collasso, nessuna scelta. Tutti gli stati esistono davvero.
Ogni osservazione, secondo questa ipotesi, provoca una ramificazione dell’universo. La realtà si divide in più mondi paralleli, ciascuno con un esito diverso. Ogni interazione quantistica diventerebbe così un bivio cosmico.
Il Sottosopra di Stranger Things esiste davvero? Una teoria presa sul serio
L’interpretazione a molti mondi non è fantascienza marginale. Sean Carroll, fisico teorico della Johns Hopkins University, la considera la più elegante e coerente: non introduce eccezioni arbitrarie né eventi misteriosi, ma segue rigorosamente le equazioni della fisica.
Un sondaggio pubblicato su Nature la colloca oggi al terzo posto tra le interpretazioni più condivise dai fisici quantistici. Non è la più popolare, ma è lontana dall’essere una curiosità accademica.
Il limite decisivo: nessun contatto tra i mondi
La principale critica resta però decisiva: se questi universi paralleli esistono, non possono comunicare tra loro. A differenza di quanto accade con il Sottosopra in Stranger Things, non ci sarebbero varchi, mostri o interferenze. Senza possibilità di verifica sperimentale, la teoria rischia di restare una costruzione matematica impeccabile ma indimostrabile.
La metafora che funziona
Ed è proprio qui che Stranger Things gioca la sua partita migliore. Il Sottosopra diventa una potente metafora visiva di mondi separati ma adiacenti, divisi da barriere sottilissime che qualcuno — o qualcosa — potrebbe riuscire ad attraversare.
Stranger Things non pretende di fare divulgazione scientifica. Ma intercetta un’ansia reale: l’idea che la fisica quantistica, disciplina che pochi comprendono davvero, descriva una realtà molto più complessa e stratificata di quella che percepiamo.
E il dubbio finale resta sospeso, proprio come nella serie: forse alcune porte non sono mai state davvero chiuse.


