Ogni anno, il 25 dicembre segna uno dei momenti più centrali del calendario cristiano: la nascita di Gesù. Ma dietro una data che diamo per scontata si nasconde una lunga controversia storica, fatta di fonti incerte, incongruenze cronologiche e scelte simboliche maturate secoli dopo gli eventi raccontati. In altre parole: il Natale è una ricorrenza “vera” per la tradizione religiosa, ma la sua data non nasce come un dato di cronaca.
Gesù: una nascita avvolta dalle contraddizioni storiche
Le informazioni sulla nascita di Gesù sono poche e frammentarie. I due Vangeli che affrontano davvero il tema — Matteo e Luca — furono redatti decenni dopo e presentano problemi di cronologia difficili da conciliare. Matteo colloca l’evento durante il regno di Erode il Grande, citando anche la fuga in Egitto e la strage degli innocenti. Luca, invece, lega la nascita a un censimento romano “quando Quirinio era governatore della Siria”, e costruisce attorno a quel contesto il viaggio di Giuseppe e Maria verso Betlemme.
Il nodo è noto agli storici: Erode morì diversi anni prima del censimento attribuito a Quirinio (che viene generalmente collocato nel 6 d.C.). Far combaciare entrambe le narrazioni, così come sono, è praticamente impossibile. C’è chi ha ipotizzato errori di trasmissione, chi ha proposto censimenti precedenti o formule amministrative diverse, ma nessuna soluzione mette tutti d’accordo. Il punto più solido, oggi, è che i racconti dell’infanzia non vanno letti come resoconti anagrafici: sono testi teologici, scritti per comunicare un significato.
Per questo motivo, molti studiosi ritengono che Gesù sia nato alcuni anni “prima di Cristo”, probabilmente tra il 6 e il 4 a.C. Sembra un paradosso, ma deriva da come è stato costruito il nostro calendario secoli dopo, non dai Vangeli.
Tra censimenti romani e ipotesi stagionali
Se si prende sul serio il riferimento a un censimento, il contesto politico riporta al regno di Augusto, quando l’amministrazione imperiale cercava di controllare tasse e popolazione. Da qui è nata una domanda quasi da “detective storico”: in che periodo dell’anno avrebbe avuto senso un’operazione del genere? Alcuni fanno notare che spostare masse di persone in pieno inverno, su strade difficili e con condizioni meteorologiche più dure, sarebbe stato poco pratico. Non è una prova, ma è un indizio che alimenta l’ipotesi di una nascita in una stagione diversa.

Anche il dettaglio dei pastori “che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge” è diventato un argomento. Nei climi della Palestina, il pascolo notturno è più compatibile con periodi miti, come la primavera o l’inizio dell’autunno, più che con un dicembre rigido. Proprio per questo alcuni studiosi collocano la nascita tra fine estate e inizio autunno, mentre altri preferiscono la primavera.
A complicare le cose ci sono le ipotesi astronomiche: la “Stella di Betlemme” è stata associata nei secoli a comete, congiunzioni planetarie o fenomeni celesti particolari. Queste letture sono affascinanti, ma restano speculative: non esiste un’identificazione universalmente accettata. Tuttavia, alcune ricostruzioni puntano al 5 a.C., rafforzando l’idea di una datazione anteriore all’anno 1 del nostro calendario.
Perché il Natale cade il 25 dicembre?
La scelta del 25 dicembre arriva solo secoli dopo. Nei primi tempi del cristianesimo, la nascita di Gesù non era la festa centrale: il fulcro della fede era la Pasqua, cioè morte e resurrezione. Il Natale, come celebrazione “ufficiale” e stabile, emerge gradualmente e si consolida nel IV secolo, quando il cristianesimo entra sempre più nella struttura dell’Impero.
Qui entra in scena la dimensione simbolica. Il 25 dicembre era vicino al solstizio d’inverno, il momento in cui, dopo le giornate più corte, la luce ricomincia ad aumentare. In ambiente romano esistevano feste legate al ciclo solare e alla rinascita della luce, e il Dies Natalis Solis Invicti (la nascita del Sole invitto) è spesso citato come riferimento culturale importante. In questo quadro, associare Cristo alla “luce che torna” aveva una forza comunicativa enorme: non solo religiosa, ma anche politica e identitaria. Non è detto che sia stata una semplice “copia” di una festa pagana; più realistico pensare a una sovrapposizione, un modo per dare a una nuova fede un linguaggio comprensibile nel cuore dell’Impero.
L’ultimo paradosso: l’anno zero non è mai esistito
Su un dettaglio, però, gli storici sono sostanzialmente d’accordo: l’anno zero non è mai esistito. Il nostro calendario passa direttamente dall’1 a.C. all’1 d.C. perché, nel momento in cui fu elaborato, lo zero non era un concetto usato in Occidente come lo intendiamo oggi. E così, anche il conto degli anni “dalla nascita di Cristo” nasce con una piccola stortura: un’ulteriore prova che la data del Natale è soprattutto una costruzione culturale e simbolica, più che un timbro sul certificato di nascita della storia.






