Ormoni, cervello e cultura plasmano il modo in cui sentiamo il dolore: ecco perché uomini e donne lo percepiscono e lo gestiscono in modo tanto diverso.
Da anni la scienza cerca di rispondere a una domanda affascinante e spesso oggetto di battute: chi sente più dolore, l’uomo o la donna? Le ricerche più recenti mostrano che non si tratta solo di una questione di resistenza fisica, ma di un complesso intreccio di biologia, chimica cerebrale e fattori sociali. Uomini e donne non percepiscono il dolore nello stesso modo perché i loro ormoni, cervelli e modelli culturali agiscono in maniera differente su ogni fase dell’esperienza dolorosa — dalla sensibilità alla soglia di tolleranza, fino alla risposta emotiva.
Differenze biologiche: il ruolo di ormoni e recettori
Il primo elemento che distingue la percezione del dolore nei due sessi è il sistema ormonale.
Negli uomini, il testosterone ha un effetto analgesico: riduce la sensibilità dei recettori del dolore, innalzando la soglia di tolleranza. Nelle donne, invece, estrogeni e progesterone agiscono in modo più complesso: a seconda delle fasi del ciclo mestruale, possono aumentare o ridurre la sensibilità. Durante la fase follicolare, per esempio, quando i livelli di progesterone sono bassi, la tolleranza al dolore tende ad aumentare.
Un ruolo fondamentale è svolto anche dalla prolattina, un ormone prodotto dall’ipofisi.
Secondo uno studio pubblicato nel 2024 sulla rivista Brain, questa sostanza abbassa la soglia di attivazione dei nocicettori femminili, rendendo le donne più sensibili agli stimoli dolorosi. Negli uomini l’effetto è diverso: entra in gioco l’orexina-B, un ormone che svolge una funzione simile ma selettiva per il sesso maschile. Questo dimostra che il corpo regola il dolore attraverso meccanismi neurochimici profondamente diversi tra uomini e donne.
Il cervello e le emozioni: due strategie opposte
Le immagini ottenute con tecniche di neuroimaging hanno rivelato che anche il cervello maschile e quello femminile si comportano in modo diverso quando provano dolore.
Nelle donne, gli stimoli dolorosi attivano aree come l’insula e il talamo, regioni legate all’elaborazione sensoriale e alle emozioni. Gli uomini, invece, mostrano una maggiore attivazione nella corteccia prefrontale, zona associata al controllo cognitivo e alla pianificazione delle reazioni.
In altre parole, le donne tendono a sentire più intensamente il dolore, mentre gli uomini sembrano concentrarsi sul controllarlo e reagire in modo più immediato.
Questa distinzione non indica che un sesso “soffra di più” dell’altro, ma suggerisce strategie cerebrali differenti: una più empatica e percettiva, l’altra più pragmatica e orientata alla risposta rapida.

Il corpo maschile allevia meglio il dolore, ma le donne resistono di più
Il nostro organismo possiede un sistema naturale per mitigare il dolore, chiamato sistema oppioide endogeno.
Nei maschi, i recettori μ-oppioidi — responsabili della produzione interna di sostanze analgesiche — sono più attivi, il che significa che gli uomini riescono ad alleviare meglio il dolore acuto. Nelle donne, invece, questi recettori si attivano più tardi e meno intensamente.
Eppure, i dati mostrano che le donne resistono più a lungo al dolore cronico.
La spiegazione risiede nella loro capacità di elaborare emotivamente l’esperienza dolorosa, di parlarne e di condividerla. Questo atteggiamento — chiamato coping relazionale — aiuta a trasformare la sofferenza fisica in un’esperienza gestibile. Gli uomini, più inclini a reprimere il dolore, tendono invece a viverlo in modo isolato e più intenso nel breve termine.
Il peso della cultura: come società e psicologia cambiano tutto
Il modo in cui percepiamo e comunichiamo il dolore non dipende solo dal corpo, ma anche da come siamo educati a sentirlo.
Fin da piccoli, uomini e donne ricevono messaggi diversi: agli uomini si insegna la resistenza e lo stoicismo, alle donne l’espressione e la condivisione. Queste aspettative sociali modellano la nostra risposta emotiva.
Gli studi mostrano che gli uomini, spinti a “non lamentarsi”, sviluppano un maggiore senso di controllo psicologico, ma rischiano di sottovalutare i sintomi. Le donne, invece, mostrano una maggiore attenzione e consapevolezza del dolore, ma tendono anche a rimuginare su di esso — un meccanismo che i ricercatori definiscono catastrofismo, e che può peggiorare la percezione del dolore cronico.
In pratica, la cultura può amplificare o attenuare il dolore, influenzando la mente tanto quanto il corpo.
Una questione di percezione, non di forza
Riassumendo i risultati della ricerca, gli scienziati concordano su un punto: non esiste un sesso “più forte” o “più debole”.
Gli uomini e le donne possiedono strategie biologiche e psicologiche differenti per affrontare la sofferenza. Le donne sentono più intensamente gli stimoli dolorosi, ma sanno gestirli con maggiore resilienza nel tempo. Gli uomini, invece, mostrano una risposta più contenuta e un sistema analgesico più efficiente, ma tendono a cedere più facilmente al dolore prolungato.
Il dolore, insomma, non è solo una questione di nervi o ormoni, ma un linguaggio complesso che unisce biologia, cervello e cultura. Ed è proprio questa diversità che racconta quanto sia profonda — e affascinante — la complessità umana.






