Se avete sentito un cameriere in Puglia chiedervi «Volete le cozze pelose?», niente scherzi: è una varietà vera, amatissima tra Bari e Taranto, con tratti che la separano nettamente dalle cozze “classiche”. Parliamo sempre di mitili, ma con aspetti, consistenze e profumi differenti. Capire che cosa cambia, dove si pescano o si allevano e come assaggiarle vi aiuterà a scegliere senza dubbi la prossima volta che vi sedete al tavolo o vi fermate al porto per uno spuntino “di mare”.
Che cosa sono davvero le “pelose”: identikit sensoriale e scientifico
Le cozze pelose devono il loro nome a una sottile peluria che riveste il guscio: è il periostraco ricoperto da filamenti che ricordano un panno morbido, una “barba” naturale che spiega perché la specie più diffusa venga indicata come Modiolus barbatus. A colpo d’occhio il guscio non è nero come quello delle cozze mediterranee (Mytilus galloprovincialis), ma bruno scuro con striature ambrate; l’interno vira al grigio iridescente.
Anche la forma tradisce l’origine: le pelose sono più allungate (possono toccare 5–6 cm), con estremità simili e margini con 3–4 dentelli che uniscono le valve. Aprendole, l’aspetto può sorprendere: la cavità mostra tutti gli organi del mollusco e, con un po’ di pratica, si distingue pure il sesso dal colore del mantello — crema il maschio, arancio vivo la femmina. Al palato, il profilo è diretto: iodio, note salmastre nitide, dolcezza equilibrata e una masticabilità più corposa rispetto alle “nere”.
Cozze mediterranee vs pelose: differenze che contano
Le cozze “classiche” che finiscono in spaghetti, linguine e sautè sono le mediterranee allevate in gran parte delle nostre coste. Sono più scure, con valve ovoidali, e regalano una carne morbida, spesso più dolce quando provengono da bacini ricchi di nutrienti. Le pelose, invece, parlano un linguaggio più marino e “diretto”: un sapore pieno, persistente, che gli appassionati cercano proprio per la loro personalità.
Il diverso habitat incide: fondali, correnti, salinità, presenza di acque dolci in ingresso e ciclo riproduttivo scolpiscono guscio e tessuti. Da qui nasce il “doppio binario” sensoriale: confortante e versatile la cozza mediterranea; più selvatica e identitaria la pelosa.
Crude o cotte? Come si gustano senza sbagliare
Nella cultura gastronomica di Bari e Taranto le cozze pelose si assaggiano crude, spesso appena aperte con una goccia di limone o al naturale, in piedi vicino ai banchi del porto. È lì che mostrano il meglio: profumo di scoglio, sapidità pulita, marea di aromi che ricorda l’onda breve sulle rocce. Qualcuno le cucina — al vapore, in zuppa, in una tiella — ma i puristi storcono il naso: il calore tende ad appiattirne la voce.
Le “nere” mediterranee sono campionesse ai fornelli: dal sautè agli spaghetti alle cozze, fino a zuppe e guazzetti, regalano intingoli ricchi e saporiti. Per il consumo a crudo, che resta a rischio come per tutti i bivalvi, cercate prodotto tracciabile, proveniente da zone idonee e passato in centri di depurazione; per donne in gravidanza, anziani o persone con fragilità immunitarie, meglio preferire la cottura completa.

Dove trovarle: Puglia regina, ma l’Italia è un arcipelago di eccellenze
Le pelose sono una bandiera della Puglia, specie tra Mar Grande e Mar Piccolo di Taranto e lungo il litorale di Bari. Il Mar Piccolo, in particolare, è un ecosistema unico: le sorgenti carsiche (i “citri”) portano acqua dolce dalle Murge, addolcendo le correnti e arricchendo gli allevamenti di nutrienti. Da qui le celeberrime cozze nere tarantine, soprannominate “gnure”, amate per la taglia generosa e la dolcezza naturale.
Ma la geografia dei mitili italiani è ampia. In Veneto spicca la Cozza di Scardovari DOP del Delta del Po, allevata tra acque interne e mare aperto; tra Pellestrina e il litorale veneziano si trovano filiere che lavorano in mare “al largo”, con conchiglie dalla carne soda. A Trieste, il pedocio è un’istituzione delle osmize; lungo la Riviera del Conero il mosciolo selvatico di Portonovo — celebrato dagli chef e dai gourmet — racconta un’Adriatico “antico”, con scogliere che regalano esemplari dall’aroma intensamente marino.
Qual è la stagione giusta: quando sono al top
Nel Mediterraneo il momento migliore per le cozze cade tra fine primavera e inizio autunno: temperature miti e alimentazione abbondante rendono la polpa carnosa e succosa. Tra luglio e agosto è facile imbattersi in scorpacciate memorabili, che siano crudi al porto o grandi padelle di sautè condivise con amici. In acque più fredde o lungo altri tratti di costa la finestra può allungarsi verso autunno e inizio inverno: vale sempre la regola d’oro, acquistare da rivenditori affidabili e controllare origine e tracciabilità.
Come scegliere bene: piccoli segnali che fanno la differenza
Che si tratti di “nere” o “pelose”, privilegiate esemplari chiusi, pesanti rispetto alla taglia, profumo pulito di salsedine. Scartate gusci spaccati o che odorano “di stagnante”. Se puntate al crudo, chiedete di vedere i documenti del lotto o verificate il bollo dell’impianto di depurazione: sono garanzie reali, non formalità. Per la cottura, una regola semplice: padella caldissima, pochissimo liquido, tempi brevi. Appena le valve si aprono, sono pronte.
Perché la “pelosa” conquista: una lunga, buona storia di mare
Le cozze pelose piacciono perché non assomigliano a niente: sono dirette, rustiche, piene di personalità. Raccontano i porti di Bari e Taranto, l’alba dei pescatori, la sosta veloce tra un banco e l’altro, la cultura del crudo che in Puglia è rito quotidiano. La cozza mediterranea, a sua volta, è democratica e versatile, complice ideale di cucine di casa e tavole popolari; mette tutti d’accordo e, quando arriva da bacini come il Mar Piccolo o dal Delta del Po, sa essere memorabile.
In mezzo c’è un’Italia che cambia di spiaggia in spiaggia: Scardovari, Pellestrina, Trieste, Portonovo. Ogni luogo dà una sfumatura diversa, come se il mare avesse un dialetto di aromi che solo i mitili sanno tradurre. Scegliere tra pelose e nere è meno una gara e più una mappa del gusto: volete la schiettezza salmastra da mangiare cruda al volo? Andate sulle pelose. Cercate il piacere ampio e comfort in cucina? Le mediterranee sono un porto sicuro.
E poi c’è il tema della stagione, dei metodi di allevamento, della sicurezza: aspetti che rendono maturo un mercato dove la qualità si riconosce non solo con il naso e la lingua, ma con standard, controlli e trasparenza. In un’epoca in cui le parole “artigianale” e “tradizione” rischiano di essere usate a vuoto, questi mitili rimettono al centro luoghi, persone e saperi. Le cozze pelose sono un sorso di mare puro; le nere mediterranee sono il piatto condiviso che riempie la tavola di vapore e allegria. Lasciatevi guidare dalla curiosità: riconoscere le differenze è il modo più semplice per scoprire quanto può essere vario il Mediterraneo in un solo boccone.






