La nuova pubblicità natalizia di Coca-Cola, interamente realizzata con strumenti di intelligenza artificiale generativa, è diventata la campagna festiva più discussa dell’anno. Ha superato ogni concorrente in termini di volume di conversazione, arrivando a oltre 38.700 post e 735.000 interazioni, più del doppio rispetto alla classica campagna di John Lewis che, però, nonostante numeri inferiori, ha ottenuto un sentiment nettamente più positivo. È una differenza che racconta quanto il pubblico stia vivendo l’arrivo dell’IA nella pubblicità come qualcosa di spettacolare ma allo stesso tempo destabilizzante, con un entusiasmo che convive con un senso di freddezza e diffidenza verso le immagini generate artificialmente.
Perché lo spot di Coca-Cola ha scatenato più polemiche che entusiasmo, e cosa svela davvero sull’uso dell’IA nella creatività
Il dato che più sorprende è il contrasto tra l’enorme generazione di buzz e la reazione poco convinta degli utenti. Secondo Sprout Social, solo il 61% dei commenti mostra un sentiment positivo, a fronte dell’87% ottenuto da John Lewis, che ha scelto uno stile più tradizionale. È una spaccatura profonda che emerge anche dai numeri registrati da CARMA, dove la percezione positiva cala bruscamente dopo l’uscita dello spot, passando da 23,8% a poco più del 10%, mentre il sentiment negativo cresce oltre il 32%. È una fotografia precisa di come una parte significativa del pubblico stia arrivando al limite della tolleranza nei confronti dei contenuti AI, soprattutto quando imitano iconografie radicate come i camion rossi illuminati della pubblicità del 1995.
Lo spot aggiornato con l’IA nasce dalla collaborazione con gli studi di San Francisco Secret Level e Silverside AI, impegnati a reinterpretare l’estetica storica del brand rimodellando ogni sequenza attraverso modelli come Sora di OpenAI, Veo 3 di Google e Luma AI. Un lavoro mastodontico: oltre 70.000 clip, perfezionate da una squadra di cinque tecnici dell’IA e dagli oltre venti artisti che hanno fornito schizzi, character design e linee estetiche. Il risultato, però, non è stato accolto con l’entusiasmo atteso. Le critiche più frequenti parlano di “camion che cambiano forma” e di transizioni poco curate, con oggetti che appaiono e scompaiono in modi che tradiscono la natura algoritmica delle immagini. Alcuni creativi hanno definito lo spot una “festa di schifezze generate dall’AI”, una formula dura ma che sintetizza perfettamente l’irritazione di chi considera la magia natalizia qualcosa che deve ancora passare per la mano umana.
Il dibattito si è acceso ulteriormente con commenti di boicottaggio e prese di posizione molto nette, come il virale “Schifezza AI. Per fortuna bevo Pepsi”, diventato in poche ore un meme. L’elemento interessante è che, mentre lo spot spaccava l’opinione pubblica, le metriche di engagement continuavano a crescere, segno che la polarizzazione attira attenzione ma non sempre costruisce valore. Nonostante tutto, la campagna ha dominato i social perché è arrivata nel momento in cui le conversazioni sulle pubblicità natalizie crescevano del 930%, una tempistica studiata con precisione quasi chirurgica.

Coca-Cola difende la scelta dell’intelligenza artificiale: tra visione creativa, rischio calcolato e nuove strategie per il futuro
Nonostante le critiche, Coca-Cola non mostra alcuna intenzione di ridimensionare la strategia basata sull’IA. I dirigenti dell’azienda, da Islam ElDessouky a Pratik Thakar, ribadiscono che questo è il futuro inevitabile della creatività commerciale. ElDessouky ha dichiarato che la pubblicità “ha ottenuto punteggi altissimi” nei test interni, definendola una delle campagne più valutate nella storia recente del brand. Una posizione rafforzata dal giudizio di System1, che ha assegnato allo spot un punteggio di 5,9 stelle, il massimo, basandosi sul potenziale di costruzione del marchio. In altre parole, se anche una parte del pubblico si lamenta, la campagna sembra comunque funzionare sotto il profilo del branding.
Thakar, responsabile globale dell’IA generativa, ha riassunto la filosofia della nuova Coca-Cola con una frase che diventerà quasi sicuramente un mantra delle prossime stagioni pubblicitarie: “Il genio è uscito dalla bottiglia e non lo rimetterai più dentro”. È un modo per dire che la pubblicità AI non è più un esperimento, ma un percorso stabile. Anche il fondatore di Secret Level, Jason Zada, ha difeso la campagna insistendo sul fatto che dietro ogni immagine c’è un team creativo reale, con artisti che hanno modellato dettagli, personaggi e atmosfere. Secondo lui il processo non è affatto un meccanismo “premi un pulsante e aspetti”, ma un nuovo tipo di animazione ibrida che comprime mesi di lavoro in poche settimane.
Il successo numerico dello spot, anche se accompagnato da un’ondata di critiche, suggerisce che i brand globali siano pronti ad assumere rischi maggiori pur di sperimentare linguaggi nuovi. La sfida sarà capire se la ripetizione di questi approcci potrà davvero trasformarsi in un vantaggio competitivo o se la crescente diffidenza del pubblico verso l’IA finirà per indebolire la percezione di autenticità dei marchi. Quel che è certo è che la campagna Coca-Cola del 2025 non è passata inosservata, e anzi diventerà un caso di studio sul rapporto tra tecnologia, nostalgia e identità visiva.






